Scrivo un altro post su "come penso si debba comunicare" per due motivi essenziali:
Il primo è che ho ricominciato a studiare pedagogia sul libro peggio scritto del pianeta, e questo mi porta sia a riflettere sul perché sia scritto male sia a lamentarmene incessantemente al fine di non impazzire (il libro in sé è un capolavoro di involontaria ironia, visto che parla per decine e decine di pagine di come si dovrebbe educare.. in modo assolutamente incomprensibile).
Il secondo motivo è che questo è un periodo un po' di merda, quindi non ho voglia di sparare cazzate e questo è più o meno l'unico argomento serio di cui posso parlare senza scivolare in patetici piagnistei.

Attenzione. Il post è lungo e noioso come possono esserlo solo le riflessioni di qualcuno appassionato ad un argomento specifico.

Anyway, la riflessione del giorno parte dalla ridondanza, che è il termine chic con cui i linguisti chiamano il ripetere incessantemente le cose. Chiunque analizzi il linguaggio parlato si accorgerà che c'è una quantità spaventosa di ridondanza in quello che diciamo. Per quanto uno possa non crederlo coscientemente, in realtà siamo perfettamente consapevoli che l'attenzione del nostro prossimo va e viene, e nel linguaggio parlato aiutiamo il ricevente a riempire i buchi senza neanche accorgersene.
Il linguaggio scritto - sto pensando in particolare a un libro DI TESTO - è differente: chiunque può leggere e rileggere le stesse righe, e quindi il 90% degli scriventi (me compreso, la maggior parte delle volte) cerca di ridurre al minimo la ridondanza. Questo è un casino, perché il testo risulta più elegante ma anche più PESANTE, quindi si cercano modi differenti per snellirlo: rendere l'argomento interessante, concretizzarlo (ad esempio facendo esempi!), aggiungere aneddoti e battute o lasciando scivolare giù il registro, utilizzando cioè parole terra-terra che nessuno si debba scervellare per capire. Oppure ci sono metodi più grafici come grassetti, corsivi, maiuscole e divisioni in paragrafi che possono far "emergere" le parti importanti del testo.

Si, perché parte del cercare di farsi capire è fare una divisione del materiale in tre categorie: "non-importante" (che riguarda soprattutto esempi, o annotazioni che divergono dal discorso, pareri personali), "importante", cioè il tema di cui si sta parlando, e "basilari", che sono il tipo di cose che si metterebbero in un riassunto o una presentazione powerpoint, necessarie-ma-non-sufficienti a rendere il discorso, però utilissime come scheletro per ricordare il resto. Alla fine il primo e il terzo livello hanno lo stesso scopo, che è quello di fare da impalcatura per il secondo: è facile ricordare sia esempi che parole-chiave, ma è difficile ricordare tutto il discorso che sta in mezzo tra i due. Penso che la vera abilità dell'insegnante sia rimpolpare così tanto il primo e il terzo livello da rendere il secondo ricordabile. C'è da aggiungere, però, che mentre il terzo livello può essere *creato* dallo studente - sottolineando i punti chiave anche se non sono evidenziati graficamente nel testo originale - la mancanza di esempi, invece, uccide definitivamente le possibilità educative di un testo.
Esempio pratico, per applicare la regola :P
Se io mi ricordo che le personalità a livello psicotico hanno forti difficoltà nel pensiero astratto (livello basilare) e allo stesso tempo mi viene in mente che uno dei test utilizzati per la diagnosi è chiedere l'interpretazione di un detto popolare, che in genere viene spiegato come se avesse significato letterale (esempio pratico), allora mi viene naturale aggiungere che la difficoltà nel pensiero astratto dei pazienti psicotici si ripropone nel loro linguaggio, sebbene raramente questo sia visibile a prima vista, ed è quindi sconsigliabile utilizzare con loro in terapia comunicazioni che si basino in alcun modo sull'ironia o anche solo sul leggere-tra-le-righe, perché il messaggio che cercheremmo di trasmettere finirebbe distorto o perduto (secondo livello).

Non posso fare a meno di notare che mentre il livello basilare è stringato e carico di informazioni, il livello degli esempi è quasi sempre verboso e povero nel messaggio. Quindi immagino che il trucco stia nel bilanciare al meglio tra i due perché il libro non sembri né un elenco telefonico né una raccolta di barzellette. Seguendo questo ragionamento il secondo livello, bilanciato tra verbosità e contenuto, dovrebbe essere quello più ricercato, ma in realtà i libri che lo eleggono livello prediletto sono sempre, immancabilmente di una noia mortale. A meno che l'argomento non sia particolarmente interessante, che è qualcosa che non si dovrebbe MAI assumere nel momento in cui si scrive un LIBRO DI TESTO.
Comunque, anche se un libro scolastico deve porre attenzione particolare nel non far perdere pezzi allo studente, questo non significa che un libro di narrativa non abbia problemi molto simili. Suppongo che la manifestazione più evidente della ridondanza sia, in questo caso, il continuo ricordare "chi sta parlando" durante i dialoghi. Altri metodi sono in comune sia ai romanzi sia ai film: sebbene i film utilizzino il linguaggio verbale/visivo, che ha modalità di attirare l'attenzione molto diverse, li considero decisamente più simili ai testi di narrativa che al parlato comune, proprio perché cercano di ridurre la ridondanza al minimo. La ridondanza è in genere considerata cattiva forma in un medium che può ripetere e ripetere il proprio messaggio, anche se per quanto riguarda i film la ripetizione non è proprio agevole (al cinema non si può tornare indietro! Quante volte devo chiedere a chi è accanto a me di ripetere quello che i personaggi hanno appena detto...). Posso certamente capire perché si vogliano evitare le ripetizioni: diventano sempre più evidenti col numero delle volte che viene visto un film. Provate a guardare due volte di seguito mezz'oretta del Signore degli Anelli e vi sfido a non essere frustrati dal continuo ripetere "l'unico anello" e "Sauron l'oscuro signore". Ma, devo dire, la prima volta aiuta: non dimenticherei mai che quel film parla dell'unico anello, e se in qualsiasi momento mi distraggo, so comunque che l'obiettivo finale è sconfiggere Sauron. Funziona. Altro esempio che mi viene in mente è Little Miss Sunshine: tutti i libri e tutti i film ripetono continuamente i nomi perché ci rimangano impressi. Ci ho messo una buona mezz'ora a ricordare il nome di Richard. Allo stesso tempo, ho letto commenti di molte persone criticare il personaggio di Cheryl perché la sua unica funzione, praticamente, era ripetere continuamente i nomi degli altri (soprattutto "Richard!!"). Potrò essere preso in giro per questo, ma non l'ho effettivamente notato fino alla seconda visione del film. Da lì, e ogni visione successiva, il suo incessante ripetere "Richard!!" appare progressivamente più ridicolo.
Una cosa però differenzia la narrazione dai libri di testo: se stai raccontando una storia, NON TUTTO ha bisogno di essere ripetuto per essere ricordato. I colpi di scena e gli eventi drammatici si fisseranno automaticamente, e ogni tipo di ridondanza in proposito risulterà persino fastidiosa. Il film 'I Tenenbaum', in realtà, basa buona parte del suo senso dell'umorismo sulla ridondanza inappropriata.
Lei: "stai o non stai...?"
Lui: "cosa? Morendo?"
...oppure
Il figlio: "sai che anche Rachel è sepolta lì?"
Il padre: "chi?"
Il figlio: "MIA MOGLIE."
Il padre: "Ah, davvero? Bene!"
...per non parlare di quanto spesso il padre ricordi a Margot che lei è figlia adottiva, nei modi più involontariamente sgradevoli che si possano immaginare.
Un'altra situazione in cui la ridondanza è dannosa è nell'utilizzo di una pistola di Chekhov (un dettaglio che sembra irrilevante quando viene menzionato la prima volta, ma diventa importante nel corso dell'opera - come una pistola decorativa appesa a un muro che, nel climax, venga utilizzata per uccidere un personaggio). In questo caso si è nella posizione sgradevole di dover far ricordare un dettaglio, ma non così tanto da far intuire il colpo di scena anzitempo. Confesso candidamente di non avere la più pallida idea di come si possa compiere una magia del genere, ma di sicuro so come si può rovinarla, sia rendendo palesissima l'importanza dell'oggetto - vedi il maledetto ciondolo de La Casa - sia rendendo l'oggetto così apparentemente inimportante da far frustrare il lettore (qui mi vengono in mente le aquile che salvano Gandalf, appena appena menzionate fino a quel punto).

...ok, sto divagando, ma il succo è: ripetere serve, ma farlo indiscriminatamente no. Nei testi scritti e, soprattutto, nei film bisogna trovare un equilibrio in modo da permettere di seguire agevolmente senza però esagerare (e in genere l'esagerare sta nella QUALITA' delle cose sottolineate piuttosto che nel QUANTO... ricordare anche una sola volta che un personaggio è di colore può risultare più ridicolo/offensivo che far ripetere quattrocento volte "Richard!!"). Nei libri di testo invece la ridondanza non guasta mai, perché per quanto possa essere scontato qualcosa è meglio ripetere una volta di più piuttosto che una di meno (anche se effettivamente è molto meglio cementare le conoscenze con esempi e parole chiave piuttosto che ripetere con poche variazioni la stessa frase). Un piccolo trucchetto che aggiunge ridondanza "invisibile" sono le congiunzioni avversative (ma, però, invece): in una sola parola sintetizzano "la frase precedente diceva qualcosa in opposizione a questo... nel caso ti fosse sfuggito"

Un altro elemento importante e sottovalutato è la comunicazione non verbale. Ad esempio, io sono tra quelle persone che hanno tante difficoltà a parlare a telefono, perché normalmente baso parecchia della mia comunicazione su movimenti ed espressioni (faccia a faccia) o sulla punteggiatura (in forma scritta). Se qualcuno mi parla a telefono, deve abituarsi al fatto che gli chiederò di continuo di ripetere le frasi, perché spesso non sono letteralmente in grado di capire le parole. Non so se sia una cosa che capiti un po' a tutti (anche Marco si lamenta che le persone si mangiano le parole a telefono) o se io in particolare abbia problemi di sordità selettiva. Comunque è una cosa che non si limita al telefono, viste le mie difficoltà a scrivere con chiunque usi la punteggiatura scorrettamente o, peggio, non la usi affatto. Una cosa che ho notato di recente, e che mi ha molto stupito, è che persino il log di una chat perde - almeno per me - gran parte del suo contenuto, che sta nella rapidità con cui le persone si scrivono (non a caso ho molto più piacere a scrivere mail, coi miei ritmi, che a riceverle o rileggerle - il discorso perde molta intonazione senza la lentezza nello svolgersi delle frasi). La cosa è assurda, perché nella chat la comunicazione non verbale è già ridotta al minimo, eppure apparentemente C'E' perché ne sento la mancanza appena viene eliminata. Lo stesso messaggio di msn "X sta scrivendo un messaggio" modula il nostro modo di scrivere e ci fa assumere implicitamente turni nel parlare.
Ora, se informazioni così minime cambiano la forma della comunicazione trovo terribile pensare all'effetto che possa esserci nel passare dalla comunicazione faccia a faccia (massima comunicazione non verbale) ad un libro di testo (comunicazione non verbale minima, data esclusivamente dall'impaginazione, dalla punteggiatura e da altri segni grafici come il grassetto). Non è un caso che dopo un paio di giorni che ho scritto qualcosa sono incapace di ridargli ritmo nel rileggerla. Tutta questa informazione, o quasi, viene perduta nel passaggio. A volte penso persino che sia impossibile non modificare un libro nel leggerlo - perché se leggo un brano con la mia voce, la mia cadenza e la mia intonazione decisamente non è più il brano scritto dall'autore. Avrà ritmi diversi e veicolerà diverse immagini. Saranno importanti dettagli casuali e ignorate cose potenzialmente importanti. Immagino sia parte del meccanismo per cui non tutti ricordano le stesse cose di un romanzo (sono sempre stupito di come, di Cent'Anni di Solitudine, solo io sembri ricordarmi della grandiosa Amaranta), visto che il tono diverso d'una frase può banalizzare una scena epocale e viceversa. Questo succede sicuramente meno nei film, cadenzati dagli attori e dalla colonna sonora, e su cui incide solo la nostra attenzione selettiva, e poi l'interpretazione.

Divagando, ma mi sembra importante...
Trovo quasi devastante pensare che qualunque nostro testo sarà modificato, storpiato, e potenzialmente frainteso da ogni lettore. Non sto neanche parlando del livello in cui si INTERPRETA, perché lì è comprensibile. Pensare addirittura che elementi potenzialmente importanti saranno perduti, altri saranno ingigantiti, e molti altri - che è la cosa più odiosa - inventati e inseriti senza accorgersene. Suppongo che comunque sia destino, anche al di fuori della scrittura, SOPRATTUTTO al di fuori della scrittura, non essere capiti (e sa il cielo quanti giudizi attiriamo perché il nostro prossimo vede a modo suo). Il potere del lettore sul testo è comunque limitato, come testimonia la quantità di autori che mi sono risultati antipatici o col cui modo di scrivere, più semplicemente, non sono mai riuscito ad entrare in contatto. Il fatto stesso che possa distinguere autori con personalità diverse testimonia che non è tutta distorsione. Quello che non ho ancora capito è se la scrittura sia effettivamente una forma migliore della comunicazione vis a vis per quanto riguarda il trasmettere un messaggio senza distorsioni. In parte penso di sì: poterlo rileggere fa sì che non si perdano pezzi nel flusso del parlato, ed è molto più difficile manipolare un dialogo nero su bianco. D'altra parte, però, quell'intera fetta di comunicazione (il non verbale) che sparisce potrebbe essere potenzialmente riempita dal 'nostro'. Quindi se a livello di messaggio letterale si perde molto meno, a livello emotivo le distorsioni aumentano ...e visto che non siamo psicotici non solo badiamo molto al lato non letterale di un messaggio ma tendiamo, penso, addirittura ad inserirlo laddove mancante o perduto.

Probabilmente a forza di scrivere mi sono imbarcato in un discorso molto più complesso dell'importanza della ripetizione (che già non è un argomento semplice), ma penso sia comunque un argomento importante da affrontare prima o poi. E' tardi, sono quasi le due, ma un paio di pensieri ancora voglio buttarli giù, per quanto abbia decisamente divagato dall'argomento principale.
Ciò che voglio dire... è che là fuori è un disastro, un impero di apparenze e giudizi affrettati, e raramente un rapporto supera la scorza superficiale, quindi con le apparenze bisogna imparare a badare - o combatterle. Credere che la scrittura sia un rifugio sicuro, che un rapporto di parole sia più autentico potrebbe essere un'illusione come no, e questo non mi è ancora chiaro. Sono il tipo da preferire le forme permanenti di comunicazione, ma per quanto la carta si preservi, al di fuori del contesto in cui è stata scritta non conserva molto più del suo significato letterale. Se una persona va al di là del significato letterale di ciò che dice, e penso che sia così, allora comunque una comunicazione di questo tipo - sicuramente più diretta nei suoi contenuti - potrebbe portare a un'opinione superficiale. Non so se la ricerca dell'autenticità sia un'impresa folle o se realmente si possa fare qualcosa per avere rapporti sociali senza cedere al self-marketing.

Penso che quest'ultimo paragrafo sia confuso, fumoso, e probabilmente scritto male rispetto al resto, ma io per primo non ho ancora le idee chiare sull'argomento e dovrei rifletterci ancora un po'. Di sicuro però non è inimportante... in fondo, se una divagazione cattura il discorso è perché è potenzialmente più importante del discorso stesso, giusto no? O forse è la diretta evoluzione del discorso, perché parlare delle forme di comunicazione è interessante e importante, ma lo si fa proprio per comunicare meglio (che nella mia ottica è sostituire l'apparenza con la sostanza, che non è compito da poco, soprattutto dato che gli stessi canali comunicativi sono apparenza, vedi lo scrivere in maniera esageratamente forbita).
Mi riservo comunque di continuare il discorso in un altro momento, a mente più lucida e dopo averci pensato più a lungo. Probabilmente in forma privata e non sul blog, sebbene MI AIUTI scrivere per il pubblico (mi impedisce di tagliare gli angoli e, quindi, mi fa riflettere meglio).

Beh, mi tocca studiare ancora un po' prima di dormire, visto che oggi non ho fatto un cazzo. Ma ultimamente sono nottambulo, quindi mi va bene.

See ya.

3 commenti:

misao ha detto...

un giorno leggero questo...





ma oggi non è quel giorno. xD

chu :*

Anonimo ha detto...

io ho capito solo ed esclusivamente il paragrafo che tu definisci confuso...
...
...
...
sai che ho visto kung fu panda?!!!

Kai ha detto...

Lo so, me l'hai detto :P mi sembra ti abbia, uh, colpito!