Donne sull'orlo di due partite

Di nuovo affianco un film recente ad uno più vecchio: due venerdì fa ho visto l'eccellente Due Partite, che consiglio caldamente di vedere finché si è in tempo, e ho sentito qualcuno paragonarlo a Donne sull'Orlo di una Crisi di Nervi, uno dei film di Almodovar che ancora non avevo visto.

DUE PARTITE

Questo è uno di quei film che ha tutti gli elementi per girare in tutti i cinema vagamente sinistroidi (ok, smaccatamente comunisti): adattato da una pièce teatrale, cast di sole donne, temi importanti, critica alla società italiana, Cortellesi, Buy. Ovviamente, al Multiastra l'hanno messo subito. E, a Ivrea, i miei genitori si stanno affrettando a vederlo. Nel mio piccolo mondo, sembrano avere più risonanza film così che kolossal. Mi sono fiondato al cinema con grandi aspettative, nonostante la critica fosse, uh, critica.
Mi è piaciuto tantissimo. Però, l'impostazione teatrale trasuda da ogni fotogramma. La posizione degli attori, l'ambientazione unica (una stanza e poco più), quel particolare modo di recitare che hanno gli attori di teatro, i dialoghi artefatti e addirittura la presenza di monologhi... persino il finale con la carrellata sugli attori! Tutto urla "guardatemi! Sono uno spettacolo teatrale!"
Non è male, ma può scatenare reazioni allergiche. Io ci ho messo un po' ad abituarmi, viziato come sono dai film moderni che ricercano il realismo a tutti i costi, la recitazione sottotono, i dialoghi spezzati e il primato delle immagini sul testo. Continuo a preferire questo tipo di impostazione "cinematografica" che quella "teatrale" di questo film, ma una volta accettata la premessa il film è godibilissimo. Ambientato sia negli anni '60 che negli anni '90, segue due generazioni di donne facendole conversare tra loro. Naturalmente la grande sfida è far visitare allo spettatore tanti posti, tante ambientazioni, senza mai portarci lì con la telecamera, ma solo con la forza del testo. Non penso ci sia riuscito del tutto; non ho "sentito" tutti quei luoghi. Il lavoro migliore, secondo me, sta nello "stacco" tra anni '60 e '90, in cui tramite le parole delle figlie capisci che ne è stato delle madri e comprendi, in parte, la dignità delle loro vite. Questo per i personaggi degli anni '90 manca (non c'è un epilogo), e per questo il secondo nugolo è più debole.
Ho letto recensioni che criticavano i personaggi come stereotipati, ma non sono d'accordo. Sono sopra le righe, è ovvio (è una commedia), ma penso che siano piuttosto ben caratterizzati, avevano lati seri. L'ho gradito.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 8. Riesce in breve tempo a presentare tutti i personaggi e a dargli uno spessore accettabile; apre un mucchio di temi interessanti, e li lascia aperti per noi. Mi chiedo se avrà risonanza dopo la sua uscita al cinema - è un film di cui si può discutere. Nei, uh, centri sociali.
Originalità: 8.
Stile: 7. Una delle cose fastidiose della mia recente abitudine di guardare molti film, è che cominci ad identificare gli "sporchi trucchi". Quando si passa dagli anni '60 agli anni '90, c'è un improvviso calo della saturazione dei colori. Questo è uno sporco trucco per dare un'idea che le cose siano peggiori. Io lo chiamo "color olocausto", e l'ho trovato molto distraente e decisamente poco sottile. Oltre che abusato. Punti bonus, invece, per la colonna sonora: a tutti piace Mina.
Fattore di riguardabilità: 9. E' breve (1h 34'), piacevole, e mette di buon umore.

TOTALE: 8 1/2. Ancora una volta sono particolarmente generoso con un film italiano (l'altra volta è stato per la Finestra di Fronte, che continuo a consigliare), che forse a giudicarlo freddamente varrebbe di meno. Non è neanche una questione di patriottismo, ma di... affetto, quasi, per tutti questi volti familiari, soprattutto la Cortellesi - mitica - e Margherita Buy, l'unica che come numero di film che ho visto batte, ehr, scamarcio. Vedere così tante attrici italiane d'alto livello, assieme come amiche, è stato quasi commovente considerato che cinematograficamente sono 'amiche mie'. (il fatto che Margherita Buy abbia un solo modo di recitare potrebbe contribuire a questo senso di familiarità).


DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

Almodovar è uno di quei registi di cui ho visto abbastanza film da ricordarmi il suo nome. A mio parere, le sue opere attraversano tutto lo spettro; dal capolavoro (Tutto su Mia Madre) all'obrido (La Mala Educaciòn). Quello che ho visto l'altro giorno in genere è considerato uno dei migliori, ma, uh, non sono molto convinto.
Posto che fa ridere, e vederlo al cinema dev'essere stato davvero divertente... mi sfugge un po' il messaggio. I personaggi sono troppo comici e bidimensionali per poter affermare qualunque cosa sulle donne, sugli uomini o sui rapporti tra i sessi - se escludiamo che si fanno tutte turlupinare come delle cretine dallo stesso uomo, che immagino dica qualcosa. Non so, forse non sono adatto alle commedie 'spegni-cervello', o forse visto che mi era stato paragonato a Due Partite mi aspettavo qualcosa di molto più pretenzioso e provocatorio.
E' una commedia, peraltro molto piacevole, che ti aspetteresti a teatro - a cui non sarebbe troppo difficile adattarla - e che ti godresti moltissimo ma che al cinema, girata da un 'mostro sacro', non capisci tanto che ci faccia.
Include un Antonio Banderas anonimo come un mocio vileda.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 8. L'obiettivo è far ridere, e fa ridere.
Originalità: 7 1/2.
Stile: 8. Colorato, stupidissimo, divertente. E' una classica commedia dei personaggi: presenta una marea di personaggi sopra le righe nella prima parte e, nella seconda, fa precipitare la situazione semplicemente facendoli interagire.
Fattore di riguardabilità: 8. Leggerissimo, e dura 1h 25'!

Totale: 8, suppongo. Ma, uh, chi l'ha paragonato a Due Partite? A parte il cast tutto femminile, c'è ben poco di simile.


Una nota: l'altroieri ho visto The Reader. Non è per stomaci deboli. Non so se il regista volesse farci simpatizzare per la coppietta (lei sui 40? anni, lui 16), ma il mio cervello continuava a urlarmi "pedofilia! Allarme pedofilia!". Le continue scene di nudo NON ERANO D'AIUTO. (p.s.: Kate Winslet ha le tette rugose. Passaparola.)

Hallo. Venerdì 27 ho visto (a 3 euro, perché il Multiastra è infinitamente buono) L'Onda al cinema. Mi aveva incuriosito subito, appena visto il trailer, perché mi ricordava moltissimo l'esperimento della Prigione di Stanford. Ho scoperto poi che deriva da un altro esperimento con premesse e conseguenze piuttosto simili, ma più moderate. Manco a dirlo, il film lo montava come se fosse la violazione dei diritti umani del secolo. Quanto alla Prigione di Stanford, E' la violazione dei diritti umani del secolo, quindi... uhm.

Ho sentito parlare la prima volta dell'esperimento della Prigione di Stanford all'interno del corso di psicologia sociale, tenuto da Zamperini. Fu compiuto nel corso di 6 giorni in cui i laboratori dell'università di Stanford furono riorganizzati in 'prigione' e i partecipanti divisi tra detenuti e guardie. In questo poco tempo, i partecipanti si immedesimarono così tanto nei loro ruoli da cominciare ad abusare i "prigionieri" e opposero resistenza alla terminazione precoce del progetto. Uno dei libri di testo del mio corso, "prigioni della mente", era una piccola monografia che si leggeva come un thriller e indagava tutto ciò che ruotava intorno all'esperimento. Inoltre ne descriveva uno simile (chiamato con molta fantasia e umiltà "The Experiment"), fatto tempo dopo con occhio molto più critico e light. Così critico, in effetti, che limitava tanto la situazione da non replicare assolutamente nulla. Dopo 6 giorni The Experiment terminò in un buco nell'acqua. In 6 giorni, invece, la Prigione di Stanford aveva violato numerose convenzioni internazionali e leggi statali, e aveva ridotto in lacrime e shock più d'un partecipante. Quindi un completo successo! Philip Zimbardo, che l'ha progettato, lo paragona ad Abu Ghraib. Ops.

Questi due esperimenti sono stati goffamente fusi in un grottesco ibrido nel film che fa da coppia all'Onda, cioè...

THE EXPERIMENT
(Das Experiment)

Un film che è stato proiettato in classe quando io ero assente, e che ho recuperato in seguito. Segue le premesse di The Experiment (ma va'?), e arriva alle conclusioni della Prigione di Stanford, più o meno. E poi le esagera, in qualche modo riesce ad esagerarle! Perché apparentemente è meglio fare uno scarso film d'azione piuttosto che un buon resoconto intellettualmente stimolante di una storia vera. Quindi aggiungiamo stupri, pazzi furiosi e agenti dei servizi segreti (!). E visto che serve un eroe, ribaltiamo completamente i risultati della Prigione di Stanford (in cui, in pochi giorni, anche le persone con la personalità più forti riferivano di sentirsi "soltanto un numero" e completamente domate).
Il problema di inserire personaggi con un carattere e una personalità proprie è che presta l'esperimento a scusanti. Ad esempio, alcune guardie hanno fin dall'inizio, prima ancora di essere dichiarate tali, un'aria sinistra. In particolare spiccano uno che sembra l'incrocio tra un ragioniere e un nazista e un impersonatore di Elvis dalle sopracciglia untuose, che rimarca con molto piacere "beeeene, siamo guardie!! Eheheh!" e accarezza lascivamente le armi in dotazione. Non è qualcosa di sottolineato dall'inizio alla fine, eh, però non si può fare a meno di chiedersi se sarebbe successo lo stesso anche senza questi individui inquietanti. Il potere della Prigione di Stanford è che prendeva individui perfettamente sani e normali (anche se qualcuno potrebbe dire iperadattati..) e in pochi giorni li trasformava in vittime e aguzzini. Era un messaggio universale.

Comunque il film raggiunge il suo risultato, anche troppo. Esagera grandemente i risultati finali (ci scappa un morto, gli psicologi vengono imprigionati, una quasi stuprata), una cosa a mio parere non necessaria. Aggiungiamo l'improbabile figura di un agente che investiga sull'esperimento fingendosi un partecipante, come se il governo sentisse la necessità di sorvegliare i timidi ricercatori di psicologia, e di un giornalista che cerca il marcio dentro la ricerca. Infatti, in parte il film soffre della premessa "gli psicologi sono malvagi perché vogliono controllare le menti!", purtroppo diffusa tra chi ne ha sentito parlare l'ultima volta in guerra fredda. Come Scientology.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 5. E' un discreto film d'azione, ma da queste premesse si poteva raggiungere un messaggio epocale, e non certo limitarsi a dare un po' di tensione fugace. Tra l'altro non capisco la scelta di allargare il target (aggiungendo facili elementi d'azione) e allo stesso tempo inserire elementi che lo riducono (nudo frontale M&F, scene molto crude). Non è tirarsi la zappa sui piedi?
Originalità: 6. Un tema originale bastardizzato.
Stile: 7. Ha uno stile costante e un ritmo serrato. Usa qualche sporco trucco ancora efficace (musica dissonante, luci innaturali, incubi psichedelici)
Fattore di riguardabilità: 6. Per quanto scorra bene, senza essere lento, dura quasi due ore. Non lo si riguarda a cuor leggero. Inoltre ha molte scene piuttosto pesanti a livello emotivo.

TOTALE: 6 1/2. C'è di meglio al mondo, sir.

L'ONDA
(Die Welle)

(sarò brevissimo, che ho mal di testa)
Mi chiedo perché questi film siano tutti tedeschi, ma penso si possa immaginare...
Sono andato a vedere l'Onda con grandi, grandi aspettative. Il trailer era trascinante! Che immagino sia... appropriato al film.
Purtroppo, sono rimasto in parte deluso. I discorsi presenti nel film sono molto solidi, interessanti, stimolanti, e scientificamente corretti (non c'è nulla che non sia stato dimostrato da chili di chilometri di esperimenti e ribadito da volumi grossi come piccoli palazzi).

Ma la recitazione è imbarazzante. E la sceneggiatura prevedibile. E' possibile che l'esperimento sfugga dal controllo? Forse il ragazzo disturbato giocherà un ruolo importante prima della fine? Magari alla ragazza emancipata che tutti escludono, alla fine, si darà ragione? Si. Si. Si. Non una sorpresa.
A questo si collega il secondo grande difetto del film: i personaggi sono stereotipati, tagliati con l'accetta e rifiniti con la motosega. Sembrano il cast di una sit-com in gita scolastica in un film che dovrebbe essere drammatico!
E poi arriva il terzo, grande difetto. Vedete... io so come sia facile trascinare le persone dentro un 'partito' (che poi non aveva un'ideologia sotto se non un vago spirito comunitario) con un minimo di simbolismo e coesione. Qualunque psicologo sa quanto sia facile influenzare e trascinare le persone, specie in un contesto di gruppo, quando si ha status superiore. Ma lo spettatore medio no. Quindi, quando nel corso di un'inquadratura i ragazzi passano dal commentare "com'è ridicolo questo esperimento" a "imbrattiamo enormi palazzi col simbolo dell'Onda!!1!" ... beh, il pubblico sarà confuso. Molto confuso. L'ho trovato veloce io, e mi aspettavo di tutto.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 8. Al di là del suo essere troppo veloce, riesce a trascinare facilmente anche lo spettatore (o, quantomeno, me) e a fargli, a tratti, capire l'interesse che può stare dietro l'Onda. Laddove 'The Experiment" partiva presentando la situazione sperimentale come criminale e pericolosa, l'Onda parte come un innocente e interessante esperimento sull'autocrazia.
Originalità: 6. Non esplora molto approfonditamente i propri contenuti, e dà informazioni che, per la maggior parte, sono sul banalotto. Sono comunque interessanti e dubito siano mai state ripetute abbastanza.
Stile: 7. Nonostante la scelta di usare personaggi pre-costruiti mi lasci quantomeno perplesso, molte altre cose funzionano. In particolare, dietro l'Onda c'è tutto un simbolismo che riesce ad essere abbastanza lontano sia dal comunismo che dal fascismo, tenendo tranquillo lo spettatore e non facendogli opporre resistenza di principio all'Onda.
Fattore di riguardabilità: 6. Purtroppo non credo proprio di poter tollerare in tempi brevi di risentire la stentata recitazione... tuttavia, dura poco ed ha un ritmo appropriato.

TOTALE: 6 1/2. E' carino e interessante, ma non più di un libro sull'argomento. E visto che a risollevare il film sono le lezioni dell'insegnante protagonista, non vedo perché serva un film. Tutti gli aspetti più 'cinematografici' del film sono superflui o scadenti.
Comunque se vi capita di poterlo vedere a poco prezzo, perché no. Ne vale la pena. Ma non a prezzo intero.

Un giorno saranno film fantasy

L'altra settimana ho saltato, impegnato a tempo pieno a fuggire alla battaglia delle arance (...). Oggi torno da i miei affezionati, uhm, 2-3 lettori con due film - uno piuttosto recente - dedicati ad un tema delicato trattato in modo delicato: l'olocausto visto dai bambini.


IL BAMBINO COL PIGIAMA A RIGHE

Ho visto questo film al cinema, quando per motivi a me misteriosi l'hanno trasmesso in anteprima scontata (2 o 3 euro, mi sembra). Una delle tante ragioni per cui il cinema Multiastra è il mio unico dio.
Trama semplice e zuccherina: un bambino, figlio di un gerarca nazista, va ad abitare vicino ad un campo di concentramento. All'insaputa dei genitori, viene in contatto con un bambino ebreo che vive dall'altro lato e diventano amici, imparando ad apprezzare i loro differenti retroterra culturali.
Solo a scriverlo, ho sviluppato due o tre carie.

Ruotano intorno personaggi di contorno, più o meno stereotipati, che soccombono di fronte ai protagonisti: il padre insensibile, la madre che comincia a provare pietà per i poveri ebrei, il povero ebreo che si rivela gentile (shock!), il ragazzotto nazista che picchia i poveri ebrei, la sorellina innamorata del ragazzotto che si trasforma rapidamente in Hansi (vedi foto).

L'olocausto, purtroppo, non è un tema molto adatto a fare film a mio parere. Prima di tutto perché ne sono già stati fatti così tanti che rimane poco da dire. Quello che vuole essere un film toccante mi giunge prima di tutto come esercizio stilistico/commerciale. Come dire, si pensa sia facile fare un film toccante sull'olocausto perché è la tragedia che abbiamo deciso di ricordare (non "ricordare" nel senso di "ricordare noi personalmente". Nel senso di "ricordare a chiunque incontriamo"). Non mi permetto di giudicare l'autenticità del dolore di chi si cosparge il capo di cenere (spero non LA STESSA cenere) pur essendo nato ampiamente dopo la fine dell'evento. Ma penso che, se un film nasce col solo ed esclusivo scopo di commuovere, sia un filmetto.

Personalmente vado al cinema cercando uno stimolo intellettuale che non sia noioso. Ma come ho già detto sull'olocausto non si può dire NULLA che non sia già stato detto da altri film, libri, conferenze, opuscoli, siti cospirazionisti o battute di dubbio gusto. Davvero, vi sfido a dire qualcosa di nuovo. E, eh, vi rivelo un segreto ma non ditelo a nessuno: non basteranno cento film a farci provare cosa provi un detenuto in un campo di concentramento. Immaginare, probabile; capire, dubito; ma provare, sicuramente no. E penso che sia una cosa buona, tra l'altro. Tra le emozioni che non voglio provare "depressione da olocausto" sta appena sotto "terrore del parto", "euforia da shopping" e "disperazione da tumore dell'ombelico". Purtroppo molti cineasti sembrano avere quasi un astio verso lo spettatore, il quale deve 'espiare' rivivendo tutto quello che è successo ai poveri ebrei e sentendosi colpevole per tutta la durata del film. Sebbene quel tipo di razzismo non riguardi (spero) nessuno di questa epoca.

Comunque il film ha una buona regia. E' lento, ma non troppo, per tutta la sua lunghezza e ha una brusca accelerata negli ultimi 10-20 minuti, che sono molto intensi e sentiti emotivamente da chi guarda. La sceneggiatura, invece, fa acqua. Personaggi interessanti (Hansi!) finiscono per non avere alcun luogo se non 'contorno', è impossibile dimenticare che si stia parlando dell'OLOCAUSTO (dun dun DUN!!) e i protagonisti sono due bambini.
Nessuno scrive bene i bambini. Nessuno.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 6. Se l'obiettivo era emozionare, il tema è sbagliato: è stato trattato così tanto da renderlo freddo e sterile. Se l'obiettivo era un esercizio di stile... beh, prima ci si dovrebbe assicurare di avere stile. Redento dalle ultime sequenze, le uniche che valgano il prezzo del biglietto.
Originalità: 3. Olocausto? Sul SERIO? Oh, che idea coraggiosa*!
* negli anni '40, forse.
Stile: 7. Sta quasi tutto nell'ultima scena, con musiche trascinanti e un ritmo incalzante. Ma la prima parte, più lenta, serve a preparare alla "tempesta".
Fattore di riguardabilità: 7. Non è originale e non è particolarmente bello, ma questo non significa che non si lasci guardare. Semplicemente non eccelle, ma è ok.
Discriminazione: SOLIDALE. Non è esattamente un film di denuncia: è piuttosto pacato e manca dell'insistenza da crociati della maggior parte delle pellicole sull'olocausto. Enfatizza la solidarietà piuttosto che il dover espiare dalle colpe o condannare i tevvibili nazisti (è raro ed è apprezzabile).

TOTALE: 6 1/2 da soli, 7 1/2 in compagnia. Piacevole e, considerato il tema, poco pesante.


LA VITA E' BELLA

Ci sono persone verso cui provo a razionalizzare il mio astio in tutti i modi possibili. Roberto Benigni è una di queste - un tempo adorato dal popolo italiano tutto (ora meno, in parte grazie all'imbarazzante e inquietante Pinocchio per cui veniamo ancora sfottuti all'estero), io non l'ho mai potuto soffrire. I suoi film che ho visto, come Il Mostro, non mi spiacciono affatto, anzi capita che mi facciano ridere. Ma c'è qualcosa in lui che scatena tutta la mia aggressività più irrazionale. Potrebbe essere la sua toscanità esagerata e ostentata, la sua tendenza al protagonismo, i suoi capelli o magari la sua abitudine a mettere la sua maledetta moglie in qualsiasi film.
Ok, Robbi, sei innamorato, lo comprendiamo tutti. Ma ho sentito tappeti recitare meglio di tua moglie ed essere più credibili nel ruolo di "donna caduta dal cielo" in cui ti ostini a mettere quella minestrina insipida. Era più espressivo il cavallo. In effetti, penso che Nicoletta Braschi da sola sia la causa della decadenza del cinema italiano, della crisi economica e dell'affondamento di Venezia. Una volta ho ardito vedere un film con lei NON DIRETTO DA BENIGNI (non credevo esistessero! "Mi piace lavorare", un polpettone sul mobbing e sui valori della famiglia) e dopo 10 minuti facevo il tifo per i suoi persecutori, con tanto di bandierine. Ho scaricato una versione che doveva avere i sottotitoli inseriti (in inglese, ma la versione che ho è in italiano) e si sono rifiutati di partire per paura di essere associati a lei. Potrei continuare per ore e ore a descrivere il mio bruciante odio per Nicoletta Braschi, che sopravviverà alla sua memoria, dopo che lei sarà nella sua fredda fredda tomba.

Naturalmente Nicoletta Braschi è la coprotagonista. Una "donna caduta dal cielo". LETTERALMENTE.

Comunque il film non è del tutto orribile, ci sono scene debraschizzate. Purtroppo il mio odio innaturale si estende anche a Benigni, di cui non tollero i personaggi (tutti uguali). Riguardo alla trama: è profondamente toccante. Così tanto profondamente, che mi sento toccato nell'intestino. Scherzi a parte, è bella e piuttosto ben realizzata, ma non posso fare a meno di pensare a quanto sia forzatamente strappalacrime. Il bambino ha degli occhi così grandi che sembra l'orfanello dei Simpson, e il padre che cerca di coprire la realtà sul campo di concentramento... è semplicemente troppo. Mi sembra eccessivo. Soprattutto perché, fino all'ultimo, manca una visione un po' più profonda del personaggio. Parte come personaggio comico, e questo è ok, anche perché la prima parte del film è molto piacevole. Ma nel momento in cui il film vira nettamente sul drammatico, il protagonista rimane più o meno sulla stessa strada (il che si potrebbe malignamente collegare all'incapacità di Benigni di recitare oltre al suo solito, perenne ruolo).

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 10. Assumendo che l'obiettivo fosse vincere un Oscar, che è stato raggiunto. Naturalmente è difficile vincere un Oscar per un film italiano, quindi Benigni ha dovuto davvero esagerare. Nel caso l'obiettivo fosse emozionare: 6. Non mi piace essere manipolato in modo così bieco.
Originalità: 9. Ammetto di non avere mai visto nulla di simile.
Stile: 7 1/2. E' ok, suppongo. Come musiche, inquadrature ecc.. nulla di speciale, ma nulla di brutto. Netto cambio di colori tra la prima e la seconda parte, come classico nei film sull'olocausto (se c'è una cosa che ho imparato, è che la persecuzione è GRIGIA).
Fattore di riguardabilità: 3. Gesù, no.
Discriminazione: STRAPPALACRIME. Non sono del tutto sicuro che incitare ai singhiozzi così chiaramente e impiegando l'olocausto in modo così poco "pensato" sia di aiuto alla causa. Immagino dipenda da persona a persona.

Totale: per me 3, ma *altamente* opinabile. Se masticate l'inglese, leggete questa breve satira che sottolinea come la vita sia bella, e l'olocausto no. E non è così meraviglioso trattarlo come tale.

Ah, non c'entra nulla, ma se avete l'occasione guardate Valzer con Bashir, è uscito da poco al cinema. La prima parte è bellissima e molto toccante, e mi ha dato molti 'insight' sull'esperienza di vivere la guerra.

See ya!

Ultracinema

Post brevissssshimo, che devo studiare come un bastardo per l'esame di lunedì prossimo. Se riesco a darlo bene sono in regola! (eccetto che non ho ancora cominciato a cercare un relatore di tesi, ma sono molto tranquillo per quello).

Oggi commento due film caratterizzati da stupro, ultraviolenza e .. beh, il secondo non ha Beethoven, quindi le similitudini finiscono qui. Ma i media hanno fatto baccano nel far credere che fossero più collegati di quanto effettivamente non siano.

ARANCIA MECCANICA

(ovviamente). L'unico film di Kubrick che ho guardato con autentico piacere. Mio padre è un fan di Kubry, quindi mi ha costretto a vedere una buona quantità di film suoi, in genere in seguito a 'patti col diavolo' per cui l'avrei poi costretto a vedere cagate abominevoli. O Walker Texas Ranger (che in effetti rientra nella categoria).
Io odio Kubrick. Eyes Wide Shut, in particolare, è l'unico film con Nicole Kidman che mi abbia fatto vomitare. Il fatto che il 90% del tempo lo schermo fosse invaso da Tom Hubbard potrebbe aver contribuito. Comunque, Arancia Meccanica è l'eccezione alla lunga lista di film del signor K che non rivedrei.
Inizia tutto nel Korova Milkbar, dove Alex e i suoi drughi bevono latte+ arrovellandosi il gulliver per sapere cosa fare della serata. Benvenuti nello slang del 'futuro'. Che in qualche modo è più comprensibile dello slang presente. Entro qualche minuto, lo spettatore è trascinato in un turbine di colori e urla psichedeliche a dare il ritmo all'amata ultraviolenza.
Immagino la trama sia conosciuta a tutti: Alex e i suoi drughi si dedicano per una mezz'oretta di film alla cara vecchia ultraviolenza, finché Alex (dopo aver ucciso una donna a colpi di fallo gigante) non viene tradito, catturato e sottoposto al temibile "trattamento Lodovico", una cura psicologica sperimentale che dovrebbe rimuovergli l'amore per la violenza e lo stupro. In questa "cura" gli vengono tenuti aperti gli occhi da delle tenaglie, mentre viene costretto a vedere dei filmati dove altri violentatori si danno alla pazza e folle gioia. Il tutto, mentre un farmaco gli provoca forte nausea. Nel tempo di una scena, Alex è reso docile come un gattino, e incapace di operare violenza anche quando sarebbe legittima (infatti viene aggredito dai suoi vecchi drughi, ora poliziotti, e non riesce a difendersi in alcun modo).

Una simpatica nota dal mondo della psicologia comportamentista: se togliamo le tenaglie, il trattamento Lodovico esiste e si chiama "Terapia Aversiva". Viene tuttora utilizzato per 'correggere' giovani sessualmente devianti o alcolisti. Kubrick si è difeso da varie accuse dicendo che "l'ipnosi non può costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà", che è come rispondere ad un'accusa di vendere carne avariata con "le mie mele sono ottime".

Ah, tra parentesi: la musica di sottofondo ai filmati è di Beethoven, l'autore preferito del buon Alex. Proprio come per la violenza, sviluppa una risposta condizionata di nausea a Beethoven.
La cosa veramente ironica è che il film è terribilmente solido a livello psicologico, se analizzato tenendo in mente i principi comportamentisti (che negli anni in cui è stato pubblicato il libro andavano per la maggiore).
Alla fine il film scorre, risultando poco noioso perché a) inframezzato da chili di violenza e gente uccisa a fallettate e b) impegna lo spettatore, facendogli decifrare lo slang scena dopo scena e facendolo entrare per forza di cose nella mentalità di Alex.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 9. Il trucchetto dello slang è efficace nel suscitare identificazione in Alex, e allo stesso tempo per tenersi a distanza. Ad ogni modo, un film/libro che riesca a suscitare compassione per una persona che compie atti così orrendi è opera di un maestro.
Originalità: 9. Ai tempi in cui è uscito era molto originale e coraggioso, e ha subito l'ira di cento madri furiose per questo motivo. Innumerevoli le scene censurate (potevano trasmettere solo l'audio a questo punto). Temi trattati.. non troppo spesso, diciamo. Non ho idea di come si discosti dal libro, che l'autore ha peraltro ripudiato.
Stile: 10. Ha un mucchio, e sottolineo un mucchio, di elementi distintivi. La quantità imbarazzante di slang (in massima parte di derivazione russa/slava), il trucco intorno l'occhio di Alex, che è quasi un trademark, i vestiti bianchi dei drughi, banalmente scopiazzati dall'altro film di oggi, le scene psichedeliche e soprattutto LA MUSICA. Due parole: Ludovico Van.
Fattore di riguardabilità: 8. E' davvero un bel film, sebbene perda un po' dopo aver espresso la sua tesi la prima volta. Ricco di dettagli, ma purtroppo di durata non indifferente (2h 11')
Discriminazione: sovversivo. Presenta Alex senza scadere negli stereotipi (è violento ma colto; ribelle, ma amante della musica classica) e per quanto sia il ragazzo immagine dell'adolescenza criminale, è la vera vittima del film.

Totale: 9, da soli o in compagnia, ma non è per i deboli di cuore.


FUNNY GAMES
(sarò davvero brevissimo, che ho poco tempo)

A volte Marco si fissa su certi film prima ancora di vederli, e io ne pago le conseguenze. Si è fissato con Il Dubbio, che è effettivamente un bellissimo film, si è fissato con Eyes Wide Shut, piacevole e veloce come un bradipo in decomposizione, si è fissato con Denti, convinto che fosse un film serio (ad argomento: VAGINA DENTATA). E un giorno si è fissato con Funny Games, completamente certo che fosse una specie di Arancia Meccanica due. Lui, ovviamente, alla fine non l'ha neanche visto. Io si. Due ore, credo, della mia vita che non avrò mai indietro. Medito di denunciare Marco per danni morali.
Di cosa parla il film?
Semplice: due palesi copie (omaggi?) dei drughi si presentano a casa della famiglia_felice_generica e decidono che, si, sarebbe bello torturarli tremendamente e poi ucciderli. Dopodiché, mettono in atto il loro piano e ci riescono. Fine.
Naturalmente, tra il dire e il fare ci sono di mezzo due ore di scene che possono riservare molte sorprese allo spettatore. Come il fatto che uno dei drughi, Paul, ama rivolgersi direttamente allo spettatore spiegandogli come gli saranno mostrate due ore di torture perché era quello che lui si sarebbe aspettato entrando nel cinema. In sostanza, il film diventa una "punizione" per il voyeurismo con cui molti spettatori sono andati a vedere due ore di supposta violenza.
Il punto è: se qualcuno guarda Arancia Meccanica per la violenza, è quel tipo di persona che potrebbe guardare Funny Games aspettandosi dei divertenti sketch.

Si arriva all'estremo di una scena in cui Paul prende un telecomando e porta indietro il film perché non gli piaceva cos'era successo. Non fossi stato al cinema, avrei preso il telecomando e spento lo schermo ma, purtroppo, mi sono dovuto accontentare di gemere sonoramente.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 3. Il messaggio del film è: "sei una persona orribile". E parte da un assunto sbagliato. Per rendere il film ancora più odioso, c'è questa tematica post-moderna di ti-sto-dando-quello-che-vuoi. Ho il serio sospetto che Michael Haneke si sia stufato di fare il regista e abbia deciso di annunciarlo scorreggiando quest'opera in direzione del suo pubblico. Quanto puoi odiare la gente che ti dà il pane?
Originalità: 8. Ma, ehm, non è necessariamente una cosa buona. Anche Denti è originale, dopotutto.
Stile: 6. Stile medio, abbastanza stereotipato, nulla di originale.
Fattore di riguardabilità: 1. HAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA. Il film ti implora di non riguardarlo.
Discriminazione: imprevedibile. Uccide il bambino per primo, e non lascia fuggire nessuno. Sono già due cliché sventati. Peccato si fondi su una fondamentale stereotipizzazione dello spettatore.

Totale: 2. E' praticamente una, uhm, parodia di Arancia Meccanica che si 'dimentica' che 2/3 del film hanno un messaggio e aprono un dibattito importante. Secondo questa logica, potrei girare un film intitolato "Funny Holocaust" che mostra per due ore il funzionamento di un forno crematorio, ammiccando allo spettatore e dicendogli "non era questo che volevi vedere? Due ore di ebrei che muoiono?".

SI. Ma non è questo il PUNTO.

2 Parodie poco parodiche

Post molto breve e non troppo ispirato, visto che sono oberato di esami e non ho troppo tempo per gingillarmi davanti film e form. Ne approfitto per commentare due parodie, visto che le parodie sono un genere assai poco commentabile, essendo di per sé commenti a opere o trend. A fare commenti di secondo grado mi sembra di strafare.
Ma.. è troppo tardi per cambiare filmz, quindi ecco qua: Come d'Incanto e Shrek, due parodie delle fiabe stile-disney!
Nota: ho aggiunto un punteggio "discriminazione" alla lista, visto che mi sono accorto di come circa il 120% dei film che commento abbiano a che fare col tema, anche quando non lo faccio apposta.

COME D'INCANTO

Non ne sapevo molto, ma mi ha attratto subito: parla di una principessa delle fiabe che, per colpa di un incantesimo da parte di una strega malvaaagia vagamente reminiscente di Moira Orfei, finisce a New York, ambientazione non proprio ideale se si è in cerca del principe azzurro. A meno che non si sia disposti a pagare.
La fatonta in questione si chiama Giselle, e il suo principe, con cui decide di sposarsi il giorno stesso in cui si sono conosciuti, Edward. La parte introduttiva del film, anche un po' troppo lunga per i miei gusti, è un cartone atrocemente stereotipato, ma che in effetti ricorda qualsiasi 'classico' disney.
Quando Giselle viene spedita (spintonata) a New York, comincia la parte davvero interessante. Il film arriva al picco, ed è riuscito a farmi ridere parecchie volte. Giselle sembra assolutamente maniacale, strafatta di acidi o benzina, e il suo continuo utilizzare termini da fiaba (es. "true love's kiss") aggiunge all'effetto, così come il sgranare gli occhi fino a farli sembrare azzurre palline da ping pong. Ed Edward... Edward è eccezionale. L'attore continua ad esagerare qualsiasi battuta gesticolando più di un politico, e ho l'impressione che si sia divertito tantissimo (lo stesso vale per l'attrice di Giselle, in effetti).
La trama si muove comunque in maniera piuttosto stereotipata: la matrigna non vuole che Edward si sposi, manda un suo servo a uccidere Giselle, ecc ecc.
Poi succede qualcosa.
La catastrofe.
Prima che tu te ne renda conto, da parodia il film è diventato una COMMEDIA ROMANTICA.

Per i disinformati, la commedia romantica è il genere di film più merdoso che esista. Non fa ridere, ha milioni di cliché e può causare shock anafilattico. Dipendesse da me, proporrei un piano di stoccaggio di scorie cinematografiche. Non le butto nel wc perché ho paura che le fogne si offendano (o che continuino a sopravvivere e crescere, fino a uscire da un tombino). Che poi una parodia riesca a trasformarsi nel genere più banale e parodizzabile di tutti, mi fa pensare che lo sceneggiatore mi odi segretamente. E scompare anche il più piccolo barlume d'ironia. Persino le convenzioni di cui più sarebbe facile prendersi gioco (come quella di appaiare tutti i personaggi, anche quelli tagliati fuori dalle 'coppie principali') vengono impiegate nel modo più pedestre possibile.
Peraltro è un cambiamento che aliena completamente una buona metà del target, i bambini. Quale bambino, al mondo, è interessato a una commedia romantica che ha per protagonista un quarantenne divorziato? Per favore... sarebbe come se il protagonista fosse tuo padre. E' un pensiero orribile. Nessuno vuole vedere i propri genitori su un maxischermo.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 4. Il film fugge da un regno di stereotipi, di cui si prende gioco senza pietà, salvo ricadere in un maelstrom di cliché. E non finisce qui: dopo averci ripetuto per un'ora e mezza che l'amore a prima vista non esiste, lo impiega per appaiare gli scarti. Meno tre punti per l'incoerenza.
Originalità: 6. Una parodia è originale per definizione. E per quanto questa, a quanto pare, sia l'eccezione alla regola... non me la sento per questo di alzare il voto :P
Stile: 8. Sfrutta a dovere moltissime differenze tra mondo-dei-cartoni e mondo-dello-smog, e vedere Giselle muoversi goffamente nel suo colossale vestito di morbida seta vale metà film.
Fattore di riguardabilità: 6. E' carino, ma da metà in poi vuoi solo sbattere la testa contro il muro.
Discriminazione: media. Stereotipi di genere molto scarsi, un paio di battute sull'omosessualità (per ammiccare ai genitori). Qualche stereotipo razziale, ma da parte di un personaggio. Pochi personaggi non-bianchi, in ruoli minori e alla larga da matrimoni interraziali. Considerato che la Disney è una azienda fortemente razzista e reazionaria, poteva andare molto peggio.

TOTALE: 7, da soli o in compagnia. Nel complesso è caruccio e penso che meriti di essere visto. (molti) punti bonus perché qualcuno ha finalmente detto a un personaggio Disney di SMETTERLA DI CANTARE!!

SHREK

Su Shrek c'è ancora meno da dire. Prima di tutto perché ho difficoltà a pronunciarlo. Secondo, perché lo conoscono tutti. Terzo, perché è una parodia fatta bene. Anche se, in realtà, è meno 'parodia' di Enchanted, nel senso che fa molto meno riferimento a qualcosa di specifico (i cartoni Disney) e molto di più a qualcosa di generale (il mondo delle fiabe, e tutto ciò che può rappresentare).
In un certo senso, quindi, è una parodia meno coraggiosa. Come vorrei che qualcuno massacrasse i cartoni Disney davvero.
Non sto a raccontare la trama che penso la conoscano anche i sassi o le gattare, ormai. Non saprei di preciso da cosa derivi il suo successo; in parte probabilmente perché era il primo film del suo genere. In parte, suppongo, per il carisma del protagonista, a cui purtroppo viene messa in bocca una quantità assolutamente spropositata di toilet humor, soprattutto nei primi minuti di film. Una cosa buona, visto che rende subito chiaro che "questa è una parodia non-necessariamente-censurata", ma penso che abbiano un po', uh, esagerato. Punti bonus invece per alcuni sberleffi ai censori ("I must save my ass!" -> "Devo salvare il mio asino"/"devo salvarmi il culo", mi chiedo come sia stato tradotto).
Ah, una piccola nota (bugia: non parlerò d'altro) sull'asino in questione. Nonostante una parodia dovrebbe, in teoria, superare gli stereotipi, oltre ad essere Ciuchino uno stereotipo ambulante... ha la voce di Eddie Murphy. Nel caso non fosse chiaro il perché della mia indignazione: esiste un tipo di personaggio, comunissimo nei film d'azione e d'avventura, definibile come "spalla comica, parla molto, in genere in modo molto colloquiale, è in netto subordine rispetto all'eroe". Questo personaggio è sempre nero. Nessuna eccezione.
Ora, qualsiasi ambientazione fantasy ha un vantaggio invidiato da tutte le altre: può facilmente parlare di razzismo senza infuriare nessuno (i mutanti nei fumetti possono avere una funzione simile). Shrek lo fa: il protagonista è discriminato per la propria razza, e parte della sua missione è essere accettato. Ma Shrek è un fottuto ogre. Non è un rumeno. Non è un albanese. OGRE. O-G-R-E. Così nessuno si offende per come viene rappresentato. Inoltre, il messaggio riesce ad essere molto più generale, implicando accettazione per qualunque razza.
E allora perché sottolineare in modo così plateale che la spalla comica è, e sarà per sempre, associata ai neri? Notare che io non ho mai sentito la voce originale di Eddie Murphy in vita mia, ma mi sono accorto benissimo che era la voce di un nero. Che voleva evocare un nero. Che voleva ricordarci il ruolo dei neri: scimmiette subordinate agli eroi.
Lasciamo perdere come il colpo di scena finale, che vuole simbolizzare come l'aspetto fisico non conti, levi anche l'impaccio di un matrimonio interraziale (che forse è un bene - non conosco le dimensioni dei peni degli ogre, ma ho una fervida immaginazione). E' presente un matrimonio tra un asino e un drago, però, il che mi lascia molto più perplesso. Ma queste minoranze etniche possono permettersi tutto.
Notare come Lord Farquaad sia escluso dalla morale "l'aspetto non conta": lo sapevate che è alto un metro e un cazzo? No, perché fa ridere. Giuro.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 8. Yup, fa ridere. Eheh, Farquaad è alto un metro e un cazzo.
Originalità: 8. Impiega un tipo di umorismo ampiamente collaudato, ma lo fa per prendere in giro un genere che è ridicolizzato raramente - in forma cinematografica, almeno.
Stile: 10. La grafica è ora un po' datata, ma ai tempi faceva la sua porca figura (in particolare Ciuchino). Le musiche, in gran parte non composte per il film, sono utilizzate bene, anche se non eccezionalmente. I colori pastello caratterizzano il film dall'inizio alla fine, e se il personaggio di Shrek è diventato così famoso è dovuto anche al suo design riconoscibile.
Fattore di riguardabilità: 8. Un buon film leggero si riguarda sempre con piacere, soprattutto se dura meno di un'ora e mezza.
Discriminazione: subdola. Nonostante la superficie, a grattare un po' viene fuori un largo utilizzo di stereotipi e doppi standard riguardo la razza e l'aspetto fisico. Non arrivano ad annullare il messaggio di tolleranza, ma di sicuro lo rendono molto ipocrita.

TOTALE: 8 1/2, da soli o in compagnia. Nonostante la mia acidità pre-esame mi faccia essere piuttosto cattivo verso certe scelte degli autori, è un film piacevolissimo da vedere, senza pretese e di durata sufficientemente breve da non perdere ritmo. Nice!

L'ignoranza è forza - qui ne abbiamo le prove!

Woohoo, centesimo post! Incredibile, e poi dicono che il computer non rovina la vita. E con oggi, il decimo post domenicale.
Ho scelto due film che sono, in realtà, adattamenti (poco famosi) di ROMANZI parecchio simili: 1984 e Fahrenheit 451. A parte la palese passione per i numeri alti, hanno in comune come ambientazione un futuro distopico e oppressivo.

1984

Ho un particolare amore per il romanzo 1984 - non è avvincente come un thriller e, anzi, in più punti raggiunge il livello di barbosaggine di un discorso alla nazione, però è un gioiello della letteratura. In effetti, più che un romanzo lo considero un *saggio* sulla repressione. O, in alternativa, un kit per la creazione di uno stato totalitario. C'è tutto, dai trucchetti più banali ai più raffinati, chili e chili di strategie per soggiogare le menti. Ora ci sono schiere di sociologi che ripetono più o meno le stese cose, fingendo di averle scoperte loro l'altroieri, ma le visioni di Orwell sono stampate da prima che gli stati totalitari cadessero.

1984 è anche uno dei libri più citati al mondo, praticamente è una carta jolly con cui si può vincere qualunque discussione sulla politica. L'ho trovato citato persino in Red Alert (1), un imbarazzante gioco del '95 in cui i sovietici hanno torrette sparafulmini e gli alleati macchine per il teletrasporto, e Einstein è tornato indietro nel tempo per UCCIDERE HITLER - sorprendentemente, l'EA Games non ha optato per la saggia scelta di negare l'esistenza del gioco ma è arrivata fino al 3, che sto scaricando, in cui i sovietici hanno orsi da battaglia e gli alleati hanno delfini che attaccano con gli ultrasuoni. Non so quale sia il ruolo di Einstein in tutto questo.

1984 ha anche un valore affettivo, perché è il primo libro che abbia letto in lingua originale. Era per scuola e io, contento che mio padre l'avesse già in inglese, sono partito a leggere spedito, incurante del fatto che capivo il 15% delle parole. Quando ho capito che avremmo dovuto comprare una versione ridotta, era troppo tardi.

...ma veniamo a parlare del film. E' un film del 1984 (!), quindi non recentissimo, e presenta una realtà alternativa sospettosamente simile al comunismo, ma decisamente meno che nel libro originale (i membri del partito evitano di chiamarsi "comrade" l'un l'altro, ad esempio). Le ambientazioni sono cupe, tristi, opprimenti, e dall'inizio alla fine è una escalation di miseria e tormento. E' pieno di scene parecchio crude, tra cui includerei le frequenti scene di nudo, visto che gli attori sembrano essere stati selezionati dopo intensi provini in slum industriali, con tanto di corso breve per perfezionare la loro tosse catarrosa. In effetti, dopo aver visto la parte che dovrebbe farci comprendere l'insana passione tra Winston e Julia, ho ordinato una cintura di castità in titanio. Corpi malaticci, giallastri che si avvinghiano su letti polverosi e ricchi d'insetti. Bleah. Non ho mai apprezzato tanto il casting hollywoodiano.

Veniamo al cuore dell'analisi: è una buona transizione da libro a film? Ma cos'è che rende buona una conversione di questo tipo? Tre fattori a mio parere: la fedeltà all'opera originale, la comprensibilità a chi non ha letto il libro, il valore aggiunto/perduto per chi l'ha letto.
Il film è assolutamente fedele, arrivando ad utilizzare parola-per-parola le frasi più celebri. Naturalmente molte cose non possono passare nel film, come le diecimila noiopagine del libro di Goldstein, ma un bel po' di dettagli riescono a filtrare entrando a far parte del sottofondo. Per la maggior parte del film gli schermi ci informano su eventi di cui, nel libro, ci parlava Winston.
Il che si collega alla seconda domanda: quanto è accessibile a chi non ha letto il libro? Non molto. Fin dai primi minuti ci vengono dati milioni di informazioni, ma nessuna diretta, come "Airstrip One è l'Inghilterra" o "il Grande Fratello è il capo di Oceania". Bisogna inferire qualsiasi cosa, un lavoro duro e incerto. Il film è ugualmente godibile, ma qualche piccolo trucchetto per inserire di più lo spettatore 'nel mondo' sarebbe stato utile.
Certo, chi ha già letto il libro non ha bisogno di introduzioni e sarebbero inutili minuti extra. Anche se mi chiedo perché mai chi ha letto il libro dovrebbe vedere il film - a parte le immagini, non aggiunge nulla e il libro è sufficientemente dettagliato, e crudo, da fornire carburante per l'immaginazione (e per la paranoia) in abbondanza. Mi è poco chiaro in cosa l'autore pensi di arricchire. Tra l'altro, ci sono delle ottime aggiunte all'ambientazione (il simbolo dell'INGSOC, il saluto speciale, i cori) ma per quanto originali non arrivano a dare un 'sapore distintivo' ad Oceania, che appare ancora una allegoria palese del comunismo (o del nazismo ma, a mio parere, ricorda più l'URSS). Considerato che è ambientato in un futuro lontano almeno 40 anni, ci si potrebbe davvero sbizzarrire con la tecnologia, a partire dai megaschermi (che sono in bianco e nero... anzi, per l'esattezza, in marrone e nero, per motivi a me misteriosi). Personalmente, ma forse non sono in compagnia, ho sempre immaginato il simbolismo del partito come molto colorato, in opposizione alla miseria fattuale in cui vivono i protagonisti. Dopotutto si chiama propaganda...

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 7. E' una trasposizione da libro a film e nulla di più. Si fa guardare, sia da chi ha già letto il libro sia da chi non l'ha letto, ma non è una esperienza eccezionale in nessuno dei due casi.
Originalità: NC. Non è un'opera nuova, è un rifacimento di una famosissima opera che, all'epoca in cui è uscita, era molto originale, e che ha ispirato decine di scopiazzature più o meno gradevoli (mai visto Equilibrium?)
Stile: 8. Molto livido. Le musiche non sono nulla di rimarchevole, ma fanno il loro porco lavoro. L'aspetto è consistente in tutto il film (sporco, grigio, ruvido) e alcuni elementi sono stati timidamente aggiunti rispetto al libro, e non sono male.
Fattore di riguardabilità: 6. Considerato che guardarlo è già rivedere una storia già conosciuta, non c'è molta motivazione per dedicarsi ad una seconda visione. Tuttavia, dura poco (1h 45') e non ha un ritmo particolarmente pesante, quindi..

TOTALE: 6 da soli, 7 in compagnia. Mi ha lasciato parecchio indifferente, che è un peccato visto il capolavoro che fa da base. Ma allo stesso tempo non ho critiche da muovere per cui sconsigliarlo (a parte la bellezza del cast, che rivaleggia con quella dell'herpes zoster). Quindi... meh. Medio.


Fahrenheit 451

Oh no, un altro film di Truffaut. Mi chiedo perché, nonostante il mio odio per i film datati, mi ostini a non guardare la data prima di decidere di guardarli. Fahrenheit è del '66, ed è il primo film a colori di Truff. Oh wow.
A differenza di 1984, sebbene abbia letto il libro mi ricordo a malapena il titolo, oltre al fatto che non mi aveva mosso granché. Guardando il film qualcosa è tornato alla memoria, ma non molto.

La trama: in un futuro distopico (!) i pompieri bruciano libri in modo da favorire l'ignoranza nella popolazione. Montag, uno di loro, comincia incuriosito a leggerne qualcuno prima di bruciarlo e, rapito dalla loro bellezza, diventa un avido lettore finché non viene scoperto... e fugge.
Mi ricordo che il libro, e di conseguenza anche il film, aveva un difetto sostanziale: o amavi i libri, e per amarli intendo che li leggevi come minimo sotto la doccia, o alcune scene risultavano molto, ma molto, ma molto esagerate. Faccio un esempio tratto dal film: non contesto che qualcuno preferisca morire insieme ai suoi libri, onestamente. La gente è così strana che probabilmente c'è chi morirebbe al posto delle sue Bratz. Ma in una scena Montag, esasperato, legge un libro di fronte alle amiche oche di sua moglie (che, in accordo alla legge, non hanno mai letto un rigo) e le commuove fino alle lacrime.
Questa scena è scritta da qualcuno che ama i libri *troppo*. E che non ha mai parlato, nella sua vita, con qualcuno che non sia un accanito lettore. Notizia flash: al 90% della gente non frega proprio un cazzo dei libri, e leggere loro un estratto provocherà reazioni emotive quali profondi sbadigli e sguardi furtivi all'orologio. Mai, in nessuna circostanza, potrai commuovere qualcuno alle lacrime con una lettura non-ispirata di un brano casuale, scelto arbitrariamente. A meno che non siano lacrime di noia, e in effetti conosco qualche libro in grado di farti piangere tramite la pura forza del suo tedio.

Verso la fine del film Montag giunge in un villaggio i cui abitanti 'sono' libri, nel senso che hanno memorizzato il loro libro preferito e sono in grado di recitarlo, parola per parola. A parte il concetto piuttosto ridicolo (le ballate hanno un ritmo per un motivo: l'uomo ha memoria molto scarsa), sorgono degli interrogativi. Cosa succede quando qualcuno muore? Il film si arrampica sugli specchi mostrandoci un uomo che, sul letto di morte, recita a suo nipote - che non sarà arrivato a due cifre di età - un libro di Stevenson. E il bimbo LO MEMORIZZA. Ok, questo è assolutamente impossibile. Ma riflettiamo ancora: cosa succede se qualcuno muore all'improvviso? O se non ha eredi? O se i suoi eredi non amano quanto lui AMORE 14 o se preferiscono i videogiochi? Cosa succede se l'uomo che ha memorizzato Guerra e Pace comincia a soffrire di Alzheimer? Chi si accorge se l'uomo che ha memorizzato l'Ulisse di Joyce comincia a inventare per riempire i buchi? Tanto per essere puntigliosi, chi mai ACCETTEREBBE di memorizzare l'Ulisse di Joyce?

Non è l'unico punto nel film in cui ti chiedi se l'autore di Fahrenheit 451 non fosse segretamente pre-pubere, perché parla di libri con l'entusiasmo e il distacco dalla realtà di chi ha appena finito di leggere il suo primo libro senza figure. Non ho nulla in contrario con l'amore per la lettura, ma preferisco l'amore per la verosimiglianza. Ho letto temini delle elementari più moderati nelle loro affermazioni. Ho letto manifesti pubblicitari di librerie che promuovevano la lettura in modo meno parziale. E, tra l'altro, quale iper-amante di libri va a vedere l'ADATTAMENTO CINEMATOGRAFICO di un romanzo che parla della scrittura come della cosa più meravigliosa assai e insostituibile della storia dell'umanità tutta?

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 3. Si, alcune frasi ti fanno capire l'amore per i libri, e gli aspetti positivi della lettura. Il che mi fa riflettere: perché sto guardando un film? Se hai questo intenso feticismo per la carta stampata, perché mai dovresti trasportarla su pellicola? Misteri della vita, e di Truffaut.
Originalità: 8. Tecnicamente, è un film così sbagliato che non può non essere originale. C'è un motivo se dal '66 a ora non ne sono stati fatti di simili. Comunque, per quel poco che mi ricordo si discosta un po' dal libro, abbastanza da essere un'opera distinguibile (a differenza di 1984)
Stile: 8. Il film, sorprendentemente, ha uno stile suo proprio molto consistente: in qualsiasi inquadratura, in qualunque momento del film, ci sono così tanti elementi personalizzati da riempire un castello di kistchume. Rubinetti a forma di pesce? Ci sono. Cassette della posta con sopra sirene? Ci sono. Megaschermi su cui ragazze sorridenti ti informano su come meglio assestare calci sulle balle? CI SONO.
Fattore di riguardabilità: 6. Il film è sostanzialmente inutile, ma è ricco di dettagli che si rischiano di perdere.

TOTALE: 5 da soli, 10 in compagnia. Rimpiango di non averlo visto con qualcuno a fianco. C'è così TANTO da commentare con cattiveria che non saprei da dove iniziare. Anzi, lo so: c'è un'attrice che fa due personaggi. Montag non si trattiene da commentare: "assomigli alquanto a mia moglie" - non so come abbia fatto a dirlo senza scoppiare a ridere. Io ho riso.

Quale film scegliere?

Ok, ok, la scorsa domenica non ho commentato nulla, ma ho una scusa valida: avevo un ago in un occhio. O almeno credo. Non la tiro troppo per le lunghe, basti dire che ero sotto i ferri di un chirurgo sadico. E che male che mi ha fatto.
Il resto del tempo, quello che passo senza aghi negli occhi, lo sto passando a studiare, quindi già è tanto che sia riuscito a vedere i film per oggi (in realtà, gran parte del mio tempo libero lo passo a guardare i 4 cricetini che sono nati giovedì, per la gioia delle mie coinquiline che vorrebbero la casa derattizzata).
Anyway, parliamo di cose serie - oggi ho deciso di scrivere di due film su un tema che viene affrontato raramente, e che è sempre segno di originalità quando viene applicato!

Si sentiva il sarcasmo? Spero che si sentisse. Sto parlando dell'olocausto, tema di 10000 film che in un prossimo futuro saranno classificati come "fantasy"!
Ma per restringere il cerchio, entrambi questi filmz si rifanno ad una SCELTA tra chi salvare in quei tempi difficili - "quale dei due figli dovrei salvare?", si chiede Sophie. "Devo salvare l'intero ghetto o l'uomo che amo?" si chiede Davide.
Naturalmente è cattivo gusto commentare le loro scelte sofferte, ma 'cattivo gusto' è il sottotitolo di questo blog, quindi...

LA FINESTRA DI FRONTE

[Warning: lunga introduzione. Ah, e svelo finali]
I film, fatto poco noto, pur non essendo esseri viventi posseggono un orientamento sessuale. E' l'orientamento sessuale dei loro spettatori-tipo. La maggior parte dei film è etero, fatto particolarmente evidente nel genere romantico; si limitano a dividersi tra target-maschile e target-femminile. Alcuni sono etero di default, ma non lo manifestano (es. alcuni film di guerra), altri vanno deliberatamente in cerca di una scusa per affermarlo. Una larga fetta di film, soprattutto commedie di bassa lega, è omofoba - che è praticamente un orientamento sessuale, per la veemenza con cui viene praticata la condotta. Non ricordo di aver mai visto film a target bisessuale puro: la maggior parte si limita al bisessuale-ammicante, orientamento che pare prendere in considerazione solo le femmine (si, ho visto di recente la Duchessa. Non guardatelo. Guardate Ragazze Interrotte, se cercate qualcosa di quell'orientamento). Rarissimi i film trans, di cui ho visto solo Boys Don't Cry e qualcosa di Almodovar - penso che tendano ad essere catastrofici al botteghino.
Tuttavia, mentre film trans, bisex e lesbo sono rari come mosche bianche, i film gay ultimamente sono rari come mosche nere. Sul serio, a livello di marketing sembra esserci ultimamente molto interesse per gli omosessuali, probabilmente perché a forza di parlare di sé stanno uscendo, nell'immaginario, dalla spaventosa e misteriosa comunità queer. Poi, naturalmente, i film a tematica gay cercano sempre di buttarsi, in ogni caso, su gruppi di popolazione un po' più corposi (non ho visto Brokeback Mountain, ma da quello che mi è stato detto sembra avere target di prevalenza eterosessuale. Non commento neanche Intervista col Vampiro, rivolto a una certa sottocultura esclusivamente femminile che mi fa venire i brividi). In genere, comunque, il target è ristretto ad un gruppo solo ed evidente sin dalle prime scene, o dalle scene di nudo considerate 'accettabili'.

Naturalmente io adoro pensare alle strategie di marketing che stanno dietro alla realizzazione di un film, e in genere il suo 'orientamento sessuale', che poi è un orientamento politico, è la prima cosa che noto. Sono rimasto perplesso, quindi, quando non sono riuscito ad individuare il target de La Finestra di Fronte.
Ozpetek in effetti è strano - le Fate Ignoranti, pur essendo un film palesemente gay, comincia ad accennare timidamente ad una esplorazione a 360° dell'amore. Saturno Contro, cronologicamente successivo a questo, per quel poco che lo ricordo è imperscrutabile - ma ha altri temi. Il tema della Finestra di Fronte è invece proprio l'amore, o la passione, e non esita a mettere come protagonisti una storia d'amore etero (di tradimento) e una storia gay passata, sottolineando pacatamente le somiglianze più delle differenze. La presenza nel cast di Giovanna Mezzogiorno (strafiqa, che recita nei panni di una donna chiamata, in un impeto d'originalità, Giovanna) è carta moschicida per eterosessuali, il che aggiunge perplessità. Il film comunque se la gioca bene, senza stereotipi e moralismi da entrambe le parti, e i personaggi sono scritti tutti divinamente. A parte i bambini, ma i bambini non sono mai scritti bene.

Fatta questa lunga introduzione, che secondo me è comunque necessaria per inquadrare bene il film, ecco.. una seconda lunga introduzione!

Ho particolare amore per le storie di "ricostruzione". Sono quei racconti, quei film in cui invece di vedere la storia che si svolge, seguiamo le indagini X tempo dopo ripercorrendo le tracce lasciate dai protagonisti. Nei film funziona particolarmente bene perché i buchi nella storia, che sono inevitabili data la breve durata, diventano "frammenti perduti" ed evocano malinconia. Una storia d'amore - come quella tra Davide&Simone - rivissuta 50 anni dopo è depurata da tutte le banalità e tutti gli imbarazzi. E' evidente confrontandola con la storia di Giovanna&Lorenzo, con tira e molla, silenzi, dubbi e frasi a sproposito - a PACCHI. Normalmente la storia-presente fa da 'cornice' e passa in secondo piano, o in alternativa la storia-passata fa da 'monito' ma non è centrale.
Nella Finestra di Fronte entrambe le storie sono vitali, e scorrono entrambe con un ritmo adeguato e risparmiandoci buona parte dei parallelismi scontati.
Il ritmo è bizzarro e meriterebbe una vivisezione - il film parte con una scena d'effetto (un omicidio!), poi si impantana mostrandoci le relazioni tra Giovanna&Marito e introducendoci al personaggio di Davide, ora invecchiato (100 punti per aver usato un personaggio gay VECCHIO, è rarissimo). Davide ha un Alzheimer che rivaleggia con i miei peggiori docenti, e non ricorda la sua storia, che ormai ha intrigato lo spettatore. Nel frattempo, Giovanna e Lorenzo si conoscono e cominciano a flirtare paurosamente, dimostrando che lo stalking paga, il che sposta il focus - sebbene Davide sia sempre al centro dell'attenzione, perché è grazie a lui che G&L sono in contatto.
E' a quel punto che esplodono entrambe le trame: Davide recupera la memoria e la sua storia viene ricostruita, quasi di colpo, e Giovanna, turbata, si butta tra le braccia di Lorenzo (e lui si butta tra le gambe di Giovanna), dandoci più tensione nel 'presente'. Grazie al sistema della doppia-trama, non c'è mai un attimo in cui il ritmo allenta. Unico personaggio di supporto è "la terribile turca" (Serra Yilmaz), un personaggio ricorrente di Ozpetek a cui mi sono affezionato, anche perché mi ricorda Ste :P, e aiuta a sostenere il ritmo con un volto familiare e collaudato. Naturalmente il triangolo amoroso del 'presente' sa molto più di già visto, ma i personaggi sono molto ben costruiti e riesce ad essere molto interessante. Quanto alla storia del 'passato', non tutto il melodramma che poteva fornire è stato spremuto, e SI è un bene, visto che rischiava di diventare una presenza troppo forte per una storia 'passata'.
Sono muy sorpreso da quanto poco sia calcata la mano sull'olocausto, tra l'altro - riesce in effetti ad essere un film piuttosto delicato, che si risparmia colpi facili (a parte nell'evidenziare alcuni cambiamenti nel personaggio di Giovanna, sottolineati in modo piuttosto amatoriale... inizio film: "voglio svegliare quel vecchio orribile!!!1!!11", metà film: "attenti, rischierete di svegliare quell'adorabile persona anziana!"... no comment). Glisso anche sulla dichiarazione d'amore di Lorenzo, in cui mancava solo "so dove vanno a scuola i tuoi bambini" e "sei bellissima quando ti fai la doccia", e quel cretino davvero non riesce a stare zitto!

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 9. Penso che gli sproloqui di cui sopra bastino a far capire perché consideri questo 9 meritato. Un film che riesce ad accogliere esperienze umane così distanti e a collegarle, pur rimanendo coinvolgente, è un'impresa.
Originalità: 8+. La storia passata è originale più che altro perché tocca temi scottanti. La storia presente è più sul banalotto. L'intreccio però funziona molto bene! Sostanzioso bonus al punteggio per aver mostrato che l'idea di Davide di salvare il ghetto non era del tutto altruistica, sostanzioso malus per l'inizio della lettera di metà film: "dopo di te il rosso non è più rosso, l'azzurro del cielo non è più azzurro, gli alberi non sono più verdi.." ...MI PRENDI IN GIRO? Assumo che sia un problema di cataratte, vista l'età (poi la lettera migliora e vince: "dopo di te devo cercare i colori dentro la nostalgia che ho di noi"... ecc ecc)
Stile: 10. Oltre i giochi di sguardi, perfetti, e i giochi di riflessi (la finestra di fronte si riflette sulla finestra di casa, sovraimpressa sul volto di Giovanna... una finestra appare dentro l'altra...), c'è tanto in cui questo film eccelle. Quando si tratta di rappresentare la memoria birichina di Davide, molte scene diventano improvvisamente surreali, con personaggi anni 50 che si mescolano a personaggi del 2000, e una stanza vuota che diventa una sala da ballo, e una donna ebrea che scappa dai nazisti in mezzo al traffico metropolitano, e un vecchio che è di nuovo giovane... riesce a tratteggiare il mondo interiore di un personaggio. Ci sono anche personaggi surreali - oltre la terribile turca, mi è rimasta impressa una damigella ebrea che fa da PR a una vera matrona. Altro punto d'eccellenza è la musica: il tema del film è "Gocce di Memoria" di Giorgia - non sarà arte, ma serve le immagini come meglio non si potrebbe fare. Sfido chiunque a guardare la scena pseudo-finale e non avere un misto di tensione e eccitazione.
Fattore di riguardbailità: 8? Di sicuro reggerebbe ad una seconda, anche terza, visione. Oltre non saprei se perda d'impatto o no, dovrei provare. Comunque, dura solo 1 h e 40 minuti, quindi dubito che una ri-visione faccia soffrire.

TOTALE: 9 1/2, da soli o in compagnia. Forse perché non partivo con nessuna aspettativa, forse perché di film gay o sull'olocausto ne ho visti fin troppi, mi aspettavo qualcosa di molto più banale e 'collaudato'. Anche dopo aver visto il nome di Ozzy ho dubitato: Saturno Contro mi aveva molto deluso. Ciò che più stupisce è il ritmo, impeccabile. E i personaggi, che riescono a scardinare anche qualche stereotipo. I chili e chili di stile non fanno che aiutare. Sono stato generoso col punteggio, ma è un tale piacere commentare un BEL film ITALIANO che penso sia dovuto. Absolutamente consigliato a chiunque, un film a mio parere senza punti deboli.

LA SCELTA DI SOPHIE

Naturalmente, per ogni film con un ritmo eccezionale, deve essercene uno girato da un bradipo paralitico. La Scelta di Sophie ha una mezz'ora molto interessante inframezzata da DUE ORE DI RIEMPITIVO. Per potere sopportare questo film ho 'spalmato' la sua visione lungo TRE GIORNI. Ma cominciamo dall'inizio...
Stingo, scrittore in erba, si trasferisce dal profondo sud in una casetta rosa a due piani. Fa la conoscenza con l'eccentrico coinquilino del piano di sopra, Nathan, e con la sua moglie polacca Sophie, una giovane Meryl Streep. Lui è intrigante, esuberante, e prende subito Stingo in simpatia (e per "subito" intendo "dopo averlo insultato pesantemente in un accesso d'ira"). Sophie è il lato più calmo nella coppia e, apparentemente, il meno interessante. Segue un'ora di film in cui viene giocato un po' il triangolo tra Nathan, Sophie e Stingo Biloba. Segue un'altra mezz'ora che segue i brevi flirt tra Stingo e una certa Leslie, che usa "fucking" al posto di ... al posto del contenuto delle sue battute, in realtà. Leslie passa un'infinità di tempo a dirci quanto le piaccia fottere e quanto la sua psicoanalisi l'abbia liberata sessualmente (orientamento di Wilhelm Reich - mi sa che devo studiarlo un po' di più). Poi, ovviamente, dopo una pomiciata afferma di "non essersi ancora liberata a livello fisico, ma solo verbale" e spedisce a casa Stingo, con dei testicoli gonfi come palloni da calcio. Incontra quindi Sophie e cominciano a fare il classico tipo di discorsi che si fanno quando si è eccitati e c'è tensione sessuale nell'aria.
Insomma, parlano di olocausto.

Inizia la parte sopportabile del film, in cui Sophie racconta la storia di come si sia salvata dal campo di concentramento. In realtà anche quella parte è atrocemente lenta, ma il confronto con il 'presente' la fa sembrare una frizzante commedia. Ovviamente non poteva durare: Nathan torna, ha un accesso di gelosia, si tuffa nella paranoia e ci regala un'altra mezz'ora di profondo tedio. Solo dopo quest'altra ordalia ci viene data la seconda parte della 'storia di Sophie', poi interrotta da qualcosa di abbastanza inutile. Solo alla fine ci viene data la famosa scena della "scelta", in cui Sophie, arrivata al campo di concentramento, deve scegliere chi tra i suoi due figli 'salvare'. La scena è potente, per quanto anche quella cominci piuttosto lentamente. Il problema è che una scena potente non può salvare un film eccitante come un attacco di narcolessia.

Un altro motivo per cui odio il film è Stingo: è un personaggio poco interessante, con una faccia da babbuino, zero presenza scenica e una caratterizzazione prevedibile (si innamora di Sophie? Maddai!). A rendere il personaggio peggiore sono i suoi atroci monologhi narrati, in cui con una voce da uomo vissuto parla dei suoi "anni della gioventù a Brooklyn" e del suo "voyage of discovery", che fanno sembrare il film come diretto da Dickens. Sophie e Nathan... sono personaggi interessanti, ma piuttosto statici, e si comportano entrambi in modo così stupido che vorresti strangolarli con del filo spinato.
Il vero dramma del film, comunque, è che muoiano tutti tranne Stingo. STINGO. L'unico che volevo vedere fatto a pezzi. Dove sono i serial killer, gli automobilisti sconsiderati e i carcinomi quando servono?!

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 6. Se l'obiettivo era colpire con la storia tragica di Sophie, riesce parzialmente perché è costantemente interrotta dall'irritante storia di Stingo. Se l'obiettivo era appassionare con la storia di Stingo... beh, perché parlare di olocausto? Se l'obiettivo era farci innamorare di Leslie, allora 10+.
Originalità: 8. Ho un semplice argomento per affermare che questo sia un film originale: se ce ne fossero altri come questo, l'industria cinematografica sarebbe in bancarotta.
Stile: 7. Nulla di degno di nota, ma lo stile è piuttosto ispirato. Le musiche malinconiche sottolineano bene la rottura di balle che è lo scorrere dei minuti, e i cambi di colore tra le scene-Stingo e le scene-olocausto ci avvisano di quando è arrivato il momento di prestare attenzione.
Fattore di riguardabilità: 2. Oddio, che piacere scrivere quel numero! Finalmente mi sono sfogato! Voglio dire, ci sono film lenti ma brevi, che potresti anche riguardare (ma anche no). Questo è un film lenterrimo della durata di DUE ORE E MEZZA. Con le NECESSARIE pause per bere caffè e adrenalina, diventa un film di circa due settimane. In effetti, se mai volessi riguardarlo dovrei prenotare le ferie in anticipo. Oppure attendere la pensione, ma non sono sicuro che lo finirei prima di MORIRE.

Totale: 4 da soli, probabilmente arriva a 6-7 in compagnia. Molto probabilmente risente del confronto con la Finestra di Fronte, ma ... ho trovato semplicemente doloroso guardare questo film, e non perché parla di olocausto. In effetti, le parti sull'olocausto erano le più sopportabili, perché almeno sapevi che alla fine morivano tutti.

Notizia flash: le droghe fanno male.


Potreste essere giunti al corrente, nel corso della vostra vita, del fatto che le droghe fanno male. Casomai questo frammento di informazione vi fosse sfuggito, i due film di oggi provvederanno ad istruirvi sull'argomento.
Requiem per un Sogno & Trainspotting, due film sulla droga! Che fa male!
Al solito svelo finali, cosa ormai assolutamente garantita.


REQUIEM PER UN SOGNO

Fortunatamente, per i bambini che non sono venuti a contatto con filmati educativi, esiste Requiem per un Sogno (Requiem for a Dream), la grassa regina madre di tutti i film preventivi sulla droga.

Harry (Jared Leto) ci mostra come siano deleteri gli effetti degli stupefacenti avendo una faccia da drogato ancora prima di farne uso, dimostrando il loro potere retroattivo. Con la sua ragazza Marion (Jennifer Connelly) e Tyrone (il ladro nero di Dungeons & Dragons) decide che entrare nel business della droga da drogati sarebbe un'ottima idea e, anzi, perché aspettare?
Nel frattempo la MADRE di Harry decide di dimagrire per apparire in televisione, e un medico le prescrive anfetamine (!). Oh, si, una cosa è garantita: nel corso del film dimagrisce. In effetti, passa dall'essere una yiddish mame sovrappeso ad assomigliare ad una mandragora (vedi foto sotto).
Nel frattempo il trio di cerebrolesi se la passa anche peggio: cominciano a consumare i loro prodotti (una cosa che suona innocua se lavori in una azienda agricola, un po' meno se smerci eroina) e a perdere cumuli di soldi. E poi va tutto in rovina.
Questo può d'are l'impressione che il film parta con una nota allegra... in realtà, parte con Harry che vende il televisore della madre per comprarsi la droga, e lei che si chiude in bagno per non parlargli. Wow. Però finisce peggio... nel senso, MOLTO peggio. Il film è ambientato in tre stagioni: summer, FALL e winter. Indovinate dove cominciano ad andare storte le cose.

Per ricapitolare cosa succede... Marion comincia a prostituirsi per pagarsi l'ero-ero, Snails finisce in prigione - e in piena crisi di disintossicazione, Sara diventa completamente schizofrenica e Harry scappa in Florida... eccetto che gli va in cancrena il braccio e glielo amputano. Quindi niente lieto fine neanche per Harry. In effetti, il film fa di tutto per lasciarci con quella distinta sensazione che si prova quando ci muore il gatto. Di overdose.
Praticamente tutto, dall'inizio alla fine di questo film, ulula "le droghe fanno male!". Tra gli effetti secondari delle droghe riportiamo: catatonia (Sara), schizofrenia (sempre Sara), perdita improvvisa di arti (Harry), spossamento (Snails), abuso di dildi doppi (Marion), depressione (TUTTI), e ultimo ma non per importanza una spaventosa ricrescita (Sara).

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 8. L'obiettivo di questo film potrebbe essere il suo sottotitolo: "NON DROGATEVI BAMBINI". In effetti, dopo averlo visto mi viene un attacco di panico al solo pensiero di ingerire caffeina, che non si sa mai non perda un braccio. Perché non metto 10 allora? Perché non mi piace la propaganda. E' un film disgustosamente di parte e lo manifesta dall'inizio alla fine. Mi sorprende solo che i drogati non siano tutti gobbi, storpi, sporchi e guerci - anche se in gran parte ci arrivano.
Originalità: 7. I personaggi sono molto diversi, per quanto non esattamente innovativi. La morale è di quanto meno coraggioso esista sulla faccia della terra. Coraggioso è invece il largo utilizzo di nudo (maschile non-frontale e femminile frontale, oltre a OMMIODDIO QUELLO E' UN DILDO DOPPIO). Ci si stupirebbe di quanti film a temi anche più pesanti abbiano come regista la Regina Vittoria. Unico neo: le scene di sesso, alquanto lunghe, sono tanto sexy quanto inutili ai fini della trama, con poche eccesioni.
Stile (sostituisce "evocatività", che era vago e non mi piaceva :P): 8 1/2. Sorprendentemente ha stile da vendere. Molte scene sono ripetitive e ritmate, ad imitare la compulsione. Droga o no, penso che tutti abbiano comportamenti ansiosi/compulsivi, e il film li rispecchia bene (ricordo il controllare la posta di continuo da parte di Sara. Apri cassetta, check, chiudi cassetta, click, ripetere). Il tema musicale è favoloso, anche se ora è conosciuto come "la musica di un trailer del signore degli anelli", il che lo sciupa parecchio. Colori a tendenza fredda, soprattutto nella seconda metà del film. Dialoghi... meh, si poteva far di meglio. Harry e Marion sono stati scritti da Moccia (ennesima dimostrazione che la droga fa male).
Fattore di riguardabilità: 6. E' ben fatto, ma anche i topi imparano ad evitare le cose che fanno star male. Non sono sicuro se il poter intuire il finale lontano un miglio, rendendo la prima visione identica alla decima, debba alzare o abbassare questo fattore.

Totale: 7. Sono in dubbio. Tecnicamente è un film molto ben fatto e curato, ma prende la strada facile. La droga fa male, nulla di buono può venirne, commuoviamo lo spettatore con eventi di sicuro effetto (la madre che si preoccupa per il figlio, il figlio che si preoccupa per la madre, il doppio dildo). Detto con una toccante analogia, questo film è delicato come un martello pneumatico sul glande. Imbracciato con somma gioia dallo sceneggiatore, che non perde tempo ad impostare la potenza massima.
Perché vederlo? Beh, è ben fatto.
Perché non vederlo? Perché Scientology è meno parziale.

TRAINSPOTTING

Trainspotting è differente. Devo dire che è molto più ambiguo.
Segue la storia di Mark Renton (Ewan McGregor) nella sua disintossicazione... beh, più o meno. Tra alti e bassi.

I primi minuti di film sono leggendari, e penso che molti li abbiano ben presenti. (sulle note di "Lust for Life", il che è abbastanza ironico):



(al solito, preferisco in lingua originale, di cui ho visto solo spezzoni - l'accento è tremendo)
Ora, a parte la frase finale che è un'uscita comoda, il messaggio è chiaro e mette su l'ambientazione del film. Da quel lato, il lato 'pulito', c'è una vita già scritta, un vago accozzarsi di stereotipi senza significato. C'è la lenta trasformazione nei propri genitori, o nel maledetto borghese tipo. Che cosa davvero implichi questa vita è una domanda che non ci si pone, allo stesso modo in cui molti non si chiedono cosa sia vivere in un paese diverso, o fare l'università, o fare un certo lavoro... "si, c'è questo e questo.. ma che altro vuoi che ci sia?". Non c'è una alternativa, né anticonvenzionalità. Il dialogo ripete 'scegli' e sottolinea che è una scelta obbligata. O scegli un apriscatole elettrico o scegli... l'altra vita, la non vita.
Ho scelto di non scegliere la vita: e arriviamo all'altro lato. Dove tutti sono diversi (ahah, i drogati diversi l'uno dall'altro... chi mai ci avrebbe pensato? :P), dove c'è una vaga filosofia di ribellione, uno spirito oppositivo verso l'oppressione, eccitazione, vero amore & passione, cose incredibili, ospiti vip, ricchi premi e cotillon (ma non troppi). E il piacere.. il piacere che vaga nelle vene, il lento cadere sul pavimento mentre tutti i propri muscoli si rilassano d'un colpo. O il sussultante allargarsi delle proprie percezioni mentre scosse elettriche guizzano lungo i nervi. Come si poteva vivere senza? E la fonte non è solo la droga ma anche la violenza o il sesso, anche se nel film diventa sempre più raro. Le ragazze sono complicate, le siringhe no. E chi ha inenzione di 'scegliere una famiglia'?

Renton decide di disintossicarsi quando viene preso, per sfuggire alla prigione. Il suo tentativo dura un battito d'ali di colibrì. Scappa dalla clinica, corre dal pusher e va in overdose.
I suoi genitori, in un modo inusuale per dimostrare il loro affetto, lo chiudono in camera a disintossicarsi in compagnia di tremorribili allucinazioni.
Devo fare una digressione su due delle allucinazioni, perché oltre ad essere quella una scena fortissima richiama altre due scene fortissime.
Tommy: Renton rivede Tommy, un suo amico che era un tempo 'pulito', anche se faceva parte del gruppo. Dopo che Renton gli ha rubato una videocassetta che ritraeva lui e la sua ragazza in, uh, attività interessanti, la ragazza in questione ha lasciato Tommy. Nella disperazione, T decice di provare l'eroina e si imbarca nella più rapida discesa nell'abisso dai tempi di Lucifero. Da fisicamente pulito passa a vivere in una stamberga vuota e grigia, privo d'igiene e di anticorpi. Ah, si, perché si è preso l'AIDS! Congratulazioni, Tommy. Sei esattamente quello che chiunque pensa di diventare dopo la prima dose. Comunque, Renton si sente responsabile per la caduta di Tommy, ed ha maledettamente ragione!
La bambola assassina al quadrato: ad un certo punto del film, un neonato muore per incurie. La scena è già orribile di per sé, non tanto per il tema quanto per il fatto che il bambino è oscenamente orribile. Quando l'ho visto ho pensato alla bambola assassina, solo con meno vita e più orrore. Ha la faccia gonfia e di un grigio-verde che ritrovo nei miei peggiori incubi. Durante la scena della 'disintossicazione', Renton vede il bimbo, piangente come una baby-banshee ma col viso immobile, camminare sopra il suo soffitto verso di lui, girare la testa di 180 gradi e cadergli addosso. Direi proprio che torno all'eroina, grazie tante.

Dopo queste scene da esorcista Renton riesce circa a disintossicarsi e si trasferisce a Londra ma, ops! I suoi amici lo raggiungono. Dieci minuti dopo si fa l'ultima dose... e, sorpresa, è l'ultima davvero!
Riescono a fare un affare in smercio di eroina, e Renton decide di fregare tutti e rubare la borsa col denaro, per poi fuggire. Scelta vincente. Lo sfigato del gruppo se ne accorge, ma non dice niente - sarà ricompensato con parte del denaro e molta molta gratitudine. Renton cammina con la sua borsa in mano e pensa al futuro, decidendo di scegliere la vita.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 9. Suppongo che l'obiettivo fosse mostrare il mondo della droga in modo equo e non di parte, e il film riesce davvero benissimo. Quello che Requiem per un Sogno ha dimenticato... la droga non è solo droga. E' amici, valori, un'altra cultura, un'alternativa, abbastanza per riempire intere vite. E' un film che fa vedere molto, molto bene perché amare e perché odiare la droga. E, soprattutto, sottolinea che non è una strada senza uscita. Renton ne esce, nonostante le molte ricadute, e anche se la droga gli ha tolto anni di vita non gli ha tolto la vita. Nascoste nel sorridente monologo finale stanno le parole "I'm going to be just like you". E' vero.
Originalità: 8. Prende una posizione molto coraggiosa, e sviluppa il tema con stile e ben pochi luoghi comuni. Eccetto Tommy. Nemmeno una scena da trip hippie. Ed è ambientato in scozia, ma senza neanche un kilt.
Stile: 9. La colonna sonora è una vera perla. Sempre appropriata ed assolutamente esaltante. Visivamente, è un film molto sporco che non nasconde assolutamente niente - il nudo (frontale maschile e femminile, e l'ombelico di Ewan McGregor conta come un altro personaggio) è il minimo. La faccia del bambino morto, il sangue, Tommy morto, e soprattutto una quantità imbarazzante di diarrea. In effetti Trainspotting ha una certa ossessione per la diarrea (mi ricorda qualcuno!), che va dal mostrare Renton che entra del tutto in un wc che ne è colmo a Spud che irrora di diarrea la famiglia della sua ragazza. Il film ha qualche scena surreale, come appunto quella del wc, ma non esagera, tenuto conto del fatto che è un film sulla droga.
Fattore di riguardabilità: 8. E' molto bello, curato e perde poco in successive visioni. E' tuttavia così crudo che difficilmente lo rivedrò presto. Dura appena un'ora e trenta, molto molto intensa.

TOTALE: 8 1/2. Un suo difetto è che perde alcune cose per strada - in particolare le odiose ragazze, in gran parte odiose femministe, dei vari protagonisti: da metà film in poi non se ne sente più parlare. Peccato perché la ragazza di Renton era anche interessante. Tuttavia, anche se nella prima visione capita di chiedersi "dove va a parare?", è un film che non mi pentirei mai di avere visto. Molto consigliato.