Un giorno saranno film fantasy

L'altra settimana ho saltato, impegnato a tempo pieno a fuggire alla battaglia delle arance (...). Oggi torno da i miei affezionati, uhm, 2-3 lettori con due film - uno piuttosto recente - dedicati ad un tema delicato trattato in modo delicato: l'olocausto visto dai bambini.


IL BAMBINO COL PIGIAMA A RIGHE

Ho visto questo film al cinema, quando per motivi a me misteriosi l'hanno trasmesso in anteprima scontata (2 o 3 euro, mi sembra). Una delle tante ragioni per cui il cinema Multiastra è il mio unico dio.
Trama semplice e zuccherina: un bambino, figlio di un gerarca nazista, va ad abitare vicino ad un campo di concentramento. All'insaputa dei genitori, viene in contatto con un bambino ebreo che vive dall'altro lato e diventano amici, imparando ad apprezzare i loro differenti retroterra culturali.
Solo a scriverlo, ho sviluppato due o tre carie.

Ruotano intorno personaggi di contorno, più o meno stereotipati, che soccombono di fronte ai protagonisti: il padre insensibile, la madre che comincia a provare pietà per i poveri ebrei, il povero ebreo che si rivela gentile (shock!), il ragazzotto nazista che picchia i poveri ebrei, la sorellina innamorata del ragazzotto che si trasforma rapidamente in Hansi (vedi foto).

L'olocausto, purtroppo, non è un tema molto adatto a fare film a mio parere. Prima di tutto perché ne sono già stati fatti così tanti che rimane poco da dire. Quello che vuole essere un film toccante mi giunge prima di tutto come esercizio stilistico/commerciale. Come dire, si pensa sia facile fare un film toccante sull'olocausto perché è la tragedia che abbiamo deciso di ricordare (non "ricordare" nel senso di "ricordare noi personalmente". Nel senso di "ricordare a chiunque incontriamo"). Non mi permetto di giudicare l'autenticità del dolore di chi si cosparge il capo di cenere (spero non LA STESSA cenere) pur essendo nato ampiamente dopo la fine dell'evento. Ma penso che, se un film nasce col solo ed esclusivo scopo di commuovere, sia un filmetto.

Personalmente vado al cinema cercando uno stimolo intellettuale che non sia noioso. Ma come ho già detto sull'olocausto non si può dire NULLA che non sia già stato detto da altri film, libri, conferenze, opuscoli, siti cospirazionisti o battute di dubbio gusto. Davvero, vi sfido a dire qualcosa di nuovo. E, eh, vi rivelo un segreto ma non ditelo a nessuno: non basteranno cento film a farci provare cosa provi un detenuto in un campo di concentramento. Immaginare, probabile; capire, dubito; ma provare, sicuramente no. E penso che sia una cosa buona, tra l'altro. Tra le emozioni che non voglio provare "depressione da olocausto" sta appena sotto "terrore del parto", "euforia da shopping" e "disperazione da tumore dell'ombelico". Purtroppo molti cineasti sembrano avere quasi un astio verso lo spettatore, il quale deve 'espiare' rivivendo tutto quello che è successo ai poveri ebrei e sentendosi colpevole per tutta la durata del film. Sebbene quel tipo di razzismo non riguardi (spero) nessuno di questa epoca.

Comunque il film ha una buona regia. E' lento, ma non troppo, per tutta la sua lunghezza e ha una brusca accelerata negli ultimi 10-20 minuti, che sono molto intensi e sentiti emotivamente da chi guarda. La sceneggiatura, invece, fa acqua. Personaggi interessanti (Hansi!) finiscono per non avere alcun luogo se non 'contorno', è impossibile dimenticare che si stia parlando dell'OLOCAUSTO (dun dun DUN!!) e i protagonisti sono due bambini.
Nessuno scrive bene i bambini. Nessuno.

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 6. Se l'obiettivo era emozionare, il tema è sbagliato: è stato trattato così tanto da renderlo freddo e sterile. Se l'obiettivo era un esercizio di stile... beh, prima ci si dovrebbe assicurare di avere stile. Redento dalle ultime sequenze, le uniche che valgano il prezzo del biglietto.
Originalità: 3. Olocausto? Sul SERIO? Oh, che idea coraggiosa*!
* negli anni '40, forse.
Stile: 7. Sta quasi tutto nell'ultima scena, con musiche trascinanti e un ritmo incalzante. Ma la prima parte, più lenta, serve a preparare alla "tempesta".
Fattore di riguardabilità: 7. Non è originale e non è particolarmente bello, ma questo non significa che non si lasci guardare. Semplicemente non eccelle, ma è ok.
Discriminazione: SOLIDALE. Non è esattamente un film di denuncia: è piuttosto pacato e manca dell'insistenza da crociati della maggior parte delle pellicole sull'olocausto. Enfatizza la solidarietà piuttosto che il dover espiare dalle colpe o condannare i tevvibili nazisti (è raro ed è apprezzabile).

TOTALE: 6 1/2 da soli, 7 1/2 in compagnia. Piacevole e, considerato il tema, poco pesante.


LA VITA E' BELLA

Ci sono persone verso cui provo a razionalizzare il mio astio in tutti i modi possibili. Roberto Benigni è una di queste - un tempo adorato dal popolo italiano tutto (ora meno, in parte grazie all'imbarazzante e inquietante Pinocchio per cui veniamo ancora sfottuti all'estero), io non l'ho mai potuto soffrire. I suoi film che ho visto, come Il Mostro, non mi spiacciono affatto, anzi capita che mi facciano ridere. Ma c'è qualcosa in lui che scatena tutta la mia aggressività più irrazionale. Potrebbe essere la sua toscanità esagerata e ostentata, la sua tendenza al protagonismo, i suoi capelli o magari la sua abitudine a mettere la sua maledetta moglie in qualsiasi film.
Ok, Robbi, sei innamorato, lo comprendiamo tutti. Ma ho sentito tappeti recitare meglio di tua moglie ed essere più credibili nel ruolo di "donna caduta dal cielo" in cui ti ostini a mettere quella minestrina insipida. Era più espressivo il cavallo. In effetti, penso che Nicoletta Braschi da sola sia la causa della decadenza del cinema italiano, della crisi economica e dell'affondamento di Venezia. Una volta ho ardito vedere un film con lei NON DIRETTO DA BENIGNI (non credevo esistessero! "Mi piace lavorare", un polpettone sul mobbing e sui valori della famiglia) e dopo 10 minuti facevo il tifo per i suoi persecutori, con tanto di bandierine. Ho scaricato una versione che doveva avere i sottotitoli inseriti (in inglese, ma la versione che ho è in italiano) e si sono rifiutati di partire per paura di essere associati a lei. Potrei continuare per ore e ore a descrivere il mio bruciante odio per Nicoletta Braschi, che sopravviverà alla sua memoria, dopo che lei sarà nella sua fredda fredda tomba.

Naturalmente Nicoletta Braschi è la coprotagonista. Una "donna caduta dal cielo". LETTERALMENTE.

Comunque il film non è del tutto orribile, ci sono scene debraschizzate. Purtroppo il mio odio innaturale si estende anche a Benigni, di cui non tollero i personaggi (tutti uguali). Riguardo alla trama: è profondamente toccante. Così tanto profondamente, che mi sento toccato nell'intestino. Scherzi a parte, è bella e piuttosto ben realizzata, ma non posso fare a meno di pensare a quanto sia forzatamente strappalacrime. Il bambino ha degli occhi così grandi che sembra l'orfanello dei Simpson, e il padre che cerca di coprire la realtà sul campo di concentramento... è semplicemente troppo. Mi sembra eccessivo. Soprattutto perché, fino all'ultimo, manca una visione un po' più profonda del personaggio. Parte come personaggio comico, e questo è ok, anche perché la prima parte del film è molto piacevole. Ma nel momento in cui il film vira nettamente sul drammatico, il protagonista rimane più o meno sulla stessa strada (il che si potrebbe malignamente collegare all'incapacità di Benigni di recitare oltre al suo solito, perenne ruolo).

IN CONCLUSIONE

Obiettivo: 10. Assumendo che l'obiettivo fosse vincere un Oscar, che è stato raggiunto. Naturalmente è difficile vincere un Oscar per un film italiano, quindi Benigni ha dovuto davvero esagerare. Nel caso l'obiettivo fosse emozionare: 6. Non mi piace essere manipolato in modo così bieco.
Originalità: 9. Ammetto di non avere mai visto nulla di simile.
Stile: 7 1/2. E' ok, suppongo. Come musiche, inquadrature ecc.. nulla di speciale, ma nulla di brutto. Netto cambio di colori tra la prima e la seconda parte, come classico nei film sull'olocausto (se c'è una cosa che ho imparato, è che la persecuzione è GRIGIA).
Fattore di riguardabilità: 3. Gesù, no.
Discriminazione: STRAPPALACRIME. Non sono del tutto sicuro che incitare ai singhiozzi così chiaramente e impiegando l'olocausto in modo così poco "pensato" sia di aiuto alla causa. Immagino dipenda da persona a persona.

Totale: per me 3, ma *altamente* opinabile. Se masticate l'inglese, leggete questa breve satira che sottolinea come la vita sia bella, e l'olocausto no. E non è così meraviglioso trattarlo come tale.

Ah, non c'entra nulla, ma se avete l'occasione guardate Valzer con Bashir, è uscito da poco al cinema. La prima parte è bellissima e molto toccante, e mi ha dato molti 'insight' sull'esperienza di vivere la guerra.

See ya!

1 commenti:

Anonimo ha detto...

grande HANSI!!!!!
è tornata all'attacco!!!!